Rapimenti inventati in Siria per incassare i riscatti, Sandrini si difende: «Non ho preso un euro: mi hanno sequestrato davvero»
«Non è come è stato raccontato. Io non ho preso nemmeno un euro, non ho ricevuto denaro né per andare lì, né dopo. Tutto quel periodo è stato un rapimento vero, dall’inizio alla fine e non c’è nulla di concordato». Rompe il silenzio, in un’intervista al Giornale di Brescia, Alessandro Sandrini, vittima di un sequestro in Siria tra il 2016 e il 2019, e ora indagato dalla procura di Roma per tentata truffa e simulazione di reato. Secondo gli inquirenti, quel rapimento sarebbe stato solo una messinscena, un finto sequestro: nella stessa inchiesta sono state arrestate tre persone che avrebbero organizzato finti rapimenti con la complicità delle vittime. Rapimenti che poi diventavano dei veri e propri sequestri quando l’ostaggio veniva venduto all’estero a gruppi di natura jihadista, come accaduto per Sandrini. L’uomo, nel corso dell’intervista, conferma anche di essersi convertito all’Islam durante la prigionia: «Scelta che hanno intrapreso anche altre persone che hanno vissuto il mio stesso percorso. Durante la prigionia mi è stato dato il Corano e ho fatto la mia scelta personale».
Cosa era successo
Il caso scoppiò nel 2017 quando Sandrini sparì al confine tra Siria e Turchia. Aveva lasciato, l’anno prima, la provincia di Brescia per una vacanza, o almeno così aveva detto alla sua famiglia. Dopo un lungo periodo di silenzio, apparve in video nel luglio del 2018: indossava una tuta arancione e di fronte aveva due uomini armati e mascherati. Chiedeva di essere aiutato e spiegava che, «se la cosa non si fosse risolta» in tempi brevi, lo avrebbero ucciso. Ad annunciare il suo rilascio fu l’ex premier Giuseppe Conte, a seguito di «un’articolata attività condotta, in territorio estero, in maniera coordinata e sinergica dall’intelligence italiana». Sandrini ora è agli arresti domiciliari con l’accusa di rapina e ricettazione per fatti avvenuti prima del suo viaggio in Turchia nel 2016.
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