Spionaggio, il giudice sul caso Biot: «Sequestrati 181 documenti coperti da segreto». Il militare resta in carcere
In una scheda di memoria sequestrata al capitano di fregata Walter Biot, l’ufficiale della Marina Militare arrestato per spionaggio su richiesta della procura di Roma e accusato di aver venduto informazioni ai russi, sono state ritrovate finora 181 fotografie di documenti cartacei classificati. All’interno della periferica c’erano anche le foto di nove documenti classificati come ‘riservatissimi’ e 47 di tipo ‘Nato Secret’. Durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, il militare non ha risposto alle domande del gip, Antonella Minunni, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il suo avvocato ha chiesto gli arresti domiciliari, mentre la procura ha ribadito la misura cautelare in carcere. E il gip ha confermato il carcere.
Le parole affidate al difensore: «Ho sbagliato, ma l’ho fatto per la mia famiglia»
Al suo difensore, Roberto De Vita, il capitano ha detto: «Sono frastornato e disorientato, ma pronto a chiarire la mia posizione». De Vita ha quindi aggiunto che il suo assistito «ha chiesto tempo per raccogliere le idee». Parlando sempre con il suo avvocato, il militare ha cercato di spiegare così i motivi del suo gesto: «Non avevo alcun interesse politico o ideologico. Non ho mai messo a rischio la sicurezza dello Stato, non ho fornito alcuna informazione di rilievo. Non ho dato alcuna informazione classificata. Non ho mai fornito documenti che potessero mettere in pericolo l’Italia o altri Paesi». Poi ha fatto riferimento a problemi familiari: «Ho quattro figli, il primogenito che non lavora, due figlie che studiano e la più piccola che ha una grave malattia e necessita di cure particolari. Ho sbagliato, ma l’ho fatto per la mia famiglia. Ho avuto un momento di grandissima debolezza e fragilità. Sono stato coinvolto in un meccanismo più grande di me. Avevo un debito che non riuscivo a ripagare». Infine, ha concluso promettendo: «Parlerò con i magistrati, voglio rispondere e raccontare tutto. È una storia semplice fatta di grande tristezza per una grave difficoltà familiare. Oltre a essere giudicata, deve essere compresa».
I punti oscuri che restano da chiarire
Intanto si è appreso da fonti autorevoli che i due funzionari russi espulsi dall’Italia sono partiti da Fiumicino con un volo per Mosca e rispondono ai nomi di Alexey Nemudrov, addetto navale e aeronautico dell’ambasciata russa a Roma, e Dmitri Ostroukhov, impiegato nello stesso ufficio della sede diplomatica. Le indagini dovranno chiarire molti punti ancora oscuri. Innanzitutto da quando è iniziata la cessione di documenti e soprattutto come l’ufficiale italiano sia stato avvicinato dall’intelligence russa.
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