Era tornato a Palermo dal Brasile per le feste di Pasqua: in manette il boss di Cosa Nostra Giuseppe Calvaruso
Giuseppe Calvaruso, ritenuto capo del mandamento di Pagliarelli all’interno dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, era tornato a Palermo per trascorrere alcuni giorni con la famiglia in occasione delle feste di Pasqua. I carabinieri del comando provinciale lo hanno fermato ieri, 4 aprile. Insieme a lui, che da tempo si era trasferito in Brasile, sono finiti in manette anche Giovanni Caruso, 50 anni, Silvestre Maniscalco, 41 anni, Francesco Paolo Bagnasco, 44 anni, Giovanni Spanò, 59 anni, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose, come riportato dall’agenzia Ansa. Il provvedimento è stato emesso dalla procura di Palermo in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia.
Il trasferimento in Brasile
Dopo il trasferimento in Sud America, avvenuto circa un anno fa, Calvaruso, 44 anni, aveva delegato ai suoi fedelissimi la gestione degli affari delle «famiglie» a lui subordinate, continuando a gestire gli affari internazionali, dal Brasile a Singapore. Prima di lasciare l’Italia, il capomafia avrebbe mantenuto, attraverso riunioni e incontri in luoghi riservati, un costante collegamento con i vertici dei mandamenti di Porta Nuova, Noce, Villabate, Belmonte Mezzagno. Nel corso del tempo avrebbe sedato le discussioni fra gli «affiliati», assicurato «l’ordine pubblico» sul territorio. Tra le attività portate avanti, anche il mantenimento in carcere dei detenuti appartenenti alle famiglie mafiose del mandamento.
Secondo quanto ricostruito dall’inchiesta condotta dalla Procura, commercianti e imprenditori si rivolgevano a Cosa Nostra per ottenere autorizzazioni per l’apertura di attività commerciali o per risolvere liti e controversie. In particolare al clan guidato da Calvaruso sarebbe stato chiesto di individuare e punire gli autori di rapine commesse senza il benestare del clan, trovare e restituire ai proprietari un’auto rubata, autorizzare l’apertura di nuovi esercizi commerciali. L’inchiesta ha svelato anche una serie di estorsioni finalizzate a costringere i proprietari di immobili in ristrutturazione a rivolgersi per i lavori alle ditte edili di fatto di proprietà di Calvaruso.
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