Coronavirus, ecco cosa sappiamo davvero della nuova variante «giapponese»
Secondo quanto riporta Reuters i medici del Tokyo Medical and Dental University Medical Hospital hanno registrato l’ospedalizzazione di 14 pazienti positivi al nuovo Coronavirus, che in 10 di loro risulterebbe avere la mutazione E484K (Eek). La variante Covid non va quindi confusa con la singola mutazione Eek. I medici non hanno riferito di una variante nota proveniente dall’estero; né sembrano disponibili a rilasciare maggiori precisazioni al momento.
E484K è la mutazione trovata nelle varianti di maggiore preoccupazione (VOC): inglese, brasiliana e sudafricana. Ma vi sono anche varianti d’interesse (VOI), che comprendono Eek nel proprio insieme di mutazioni. Eek da sola non basta a dirci se i giapponesi dovranno vedersela brutta, specialmente per quanto riguarda l’efficacia dei vaccini (il piano vaccinale non è ancora partito), tenendo conto che nel Paese esistono restrizioni sull’approvazione dei farmaci più stringenti delle nostre. Tutto questo durante i preparativi delle Olimpiadi estive previste per luglio.
La mutazione E484K in sintesi
SARS-CoV-2 utilizza le glicoproteine Spike (S) – i suoi antigeni – per infettare le cellule. Queste proteine presenti attorno al virus sono anche il bersaglio che permette al nostro sistema immunitario di riconoscere uno specifico patogeno al fine di neutralizzarlo. Tutti i vaccini anti-Covid mettono in contatto (attraverso diversi modi) le cellule immunitarie con le sole proteine Spike (S), in modo da fargli “credere” che vi sia una infezione in atto, sviluppando così gli anticorpi neutralizzanti, senza le conseguenze di un reale attacco, scongiurando almeno i sintomi gravi della Covid-19.
Più tempo passa, maggiore sarà la possibilità che il nuovo Coronavirus sviluppi delle mutazioni. Ogni volta che emerge un insieme particolare di queste abbiamo una variante. Le mutazioni sotto maggiore osservazione sono quelle che possono modificare la conformazione di una porzione di Spike (S), detta RBD (Receptor Binding Domain), dove avviene sia il legame coi recettori delle cellule, sia il riconoscimento del virus da parte degli anticorpi. La mutazione E484K è quella che ha mostrato maggiori indizi di poter comportare – associata ad altre – una modifica dell’antigene, tale da aiutare il virus a evadere la risposta immunitaria, e/o incrementare la capacità di SARS-CoV-2 di essere più virulento.
La variante giapponese è una minaccia per i piani vaccinali?
La prima volta che è stata riscontrata la presenza della mutazione E484K in Giappone era gennaio, il caso riguardava due “versioni” della variante brasiliana, presenti in quattro turisti giapponesi di rientro dall’Amazonia. Intanto a fine marzo i pazienti ricoverati a Tokyo con la mutazione sono saliti a 12, su 36 ricoverati.
«La mutazione E484K, soprannominata “Eek” da alcuni scienziati, è stata trovata in 10 delle 14 persone che sono risultate positive al virus al a marzo, afferma il rapporto – continua Reuters – Per i due mesi fino a marzo, 12 dei 36 pazienti COVID hanno portato la mutazione, e nessuno di loro ha recentemente viaggiato all’estero o ha segnalato contatti con persone che l’hanno avuta, ha detto. I funzionari dell’ospedale non erano immediatamente disponibili per un commento […] Venerdì sono state segnalate 446 nuove infezioni a Tokyo, anche se questo è ancora ben al di sotto del picco di oltre 2.500 a gennaio».
E484K da sola dimostra che i vaccini in Giappone non potranno funzionare? Assolutamente no. Abbiamo qualche indizio di una certa capacità di eludere le difese immunitarie indotte dal vaccino con la variante sudafricana; altri riguardo una maggiore pericolosità per quella inglese. Parliamo però di dati emersi in studi preliminari, molti eseguiti in vitro. Al momento i vaccini di nuova generazione hanno dimostrato di non avere problemi e sappiamo già come aggiornarli, nel caso ce ne fosse bisogno.
Foto di copertina: sofi5t | Tokyo, Giappone.
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