Chiusure anti-Covid, protestano i proprietari delle palestre. Il 20% riapre nonostante le multe: «Non abbiamo più nulla da perdere»
Non lavorano da molti mesi e non possono riaprire le loro attività a causa del Covid. Stiamo parlando dei proprietari di palestre che, esattamente come i ristoratori, stanno subendo perdite molto gravi. Il 30 per cento delle palestre, secondo una stima dell’Associazione nazionale palestre e lavoratori sportivi (Anpals), non riaprirà più dopo un anno di chiusura. Troppi debiti, troppe difficoltà. Ma da martedì scorso, quando si è tenuta una manifestazione di protesta a Roma (con tanto di scontri), qualcosa è cambiato. Sembrerebbe che molti titolari di strutture sportive abbiano deciso di riaprire, sfidando i decreti anti-Covid. Si tratterebbe del 20 per cento.
Guglielmi: «È più facile contagiarsi all’aperto andando in un parco»
«È più facile contagiarsi all’aperto andando in un parco, prendendo un autobus pubblico, andando in una farmacia piuttosto che andando in una palestra», spiega all’Ansa il presidente Anpals Giampiero Guglielmi. «Gli unici ristori cospicui – continua – sono arrivati ai lavoratori sportivi, agli istruttori, ai tecnici, agli allenatori. Le strutture sportive hanno avuto perdite di 150-200 mila euro e hanno ricevuto 6-7 mila euro di ristori, che non sono sufficienti neanche per una mensilità dell’affitto dei locali».
Palestre luoghi di contagio?
Sulla riapertura del 20 per cento delle attività (che, di fatto, viola le norme) il presidente Anpals aggiunge: «So che è illegale ma non posso non mettermi nei panni dei titolari di strutture sportive che non hanno più di che sfamare la propria famiglia – dice Guglielmi -. Molto di loro non hanno nulla da perdere, accetteranno una sanzione amministrativa pur di riprendere a lavorare». E a chi sostiene che le palestre siano troppe pericolose, potendosi trasformare in luogo di contagio, Guglielmi replica: «In questo anno di lockdown non si sono ravvisati casi di contagio – spiega – perché le norme dei protocolli presentati dal Cts sono molto stringenti: per andare in palestra ci si deve prenotare, quindi non si crea assembramento, si misura la febbre e si lasciano i dati personali su un registro».
Foto in copertina: ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
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