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Ritardi, vaccinatori e Regioni in ordine sparso. Ecco cosa potrebbe deragliare il piano vaccinale di Figliuolo

Dopo lo stop a Johnson & Johnson, la campagna vaccinale italiana rischia di rallentare ulteriormente. Ma già a livello territoriale è caos

I numeri tornano, almeno sulla carta. Come ha dichiarato ieri il commissario straordinario all’emergenza Coronavirus, Francesco Figliuolo, «per giugno avremo 45 milioni di dosi». Le consegne previste per il prossimo trimestre, 15 milioni al mese, permettono di raggiungere l’obiettivo delle 500 mila somministrazioni al giorno. Il piano presentato da Figliuolo a inizio marzo prevede inoltre di garantire entro la fine di settembre l’80% di copertura vaccinale per la popolazione itasliana. «A fine maggio saremo comunque in grado di passare alle categorie produttive per far ripartire il Paese», ha assicurato il generale. Nel prossimo mese e mezzo insomma l’Italia dovrebbe completare le vaccinazioni della popolazione over 60 e aprire poi alle altre fasce d’età.

Le linee guida del piano

Sono tre i punti chiave su cui punta il piano di Figliuolo per dare una svolta alla campagna vaccinale. Il primo riguarda l’approvvigionamento e la distribuzione. Su questo fronte, Figliuolo ha garantito che nei prossimi tre mesi l’Italia riceverà abbastanza dosi per accelerare la campagna. Il tutto ovviamente condizionato al rispetto delle consegne da parte delle cause farmaceutiche. Ultimo ritardo è quello di Johnson & Johnson. Proprio ieri, nel giorno in cui le prime 184 mila monodosi sono arrivate in Italia, l’azienda americana, a seguito di uno stop negli Stati Uniti per verifiche su casi sospetti, ha deciso di «ritardare il lancio» del vaccino in Europa. Stop, che dopo quello ad AstraZeneca, potrebbe portare a un ulteriore rallentamento del piano.

Gli over 60 e i vaccinatori

Ma, intoppi a parte, uno dei punti di maggiore criticità del piano di Figliuolo rimane quello delle vaccinazioni agli over 60. In molte Regioni l’accessibilità a queste categorie rimane difficile, soprattutto per chi vive isolato, o in zone dove la presenza di hub vaccinale è scarsa se non inesistente. La struttura commissariale sta quindi cercando di accordarsi con le Regioni e le singole Asl. Ma il punto rimane ancora irrisolto così come quello dell’allargamento della platea dei vaccinatori. L’ex commissario Arcuri aveva lanciato a metà dicembre un bando per arruolare tra medici e infermieri circa 15 mila vaccinatori. A fine gennaio ne erano stati annunciati poco più di 2.600. Nonostante in questi mesi i numeri siano aumentati, il piano di Figliuolo vuole arrivare fino a 150 mila vaccinatori coinvolti tra medici di medicina generale, odontoiatri, e medici specializzandi. Negli ultimi giorni si è fatta inoltre strada l’ipotesi, ormai concreta, di impiegare anche i farmacisti. Sarebbero loro uno dei punti di svolta per accelerare la campagna vaccinale. 

«Andrebbe preferita la nostra prossimità con il paziente. Ci sembra assurdo a questo punto della campagna, quando le dosi sono ancora ridotte, non concentrarsi su chi le vaccinazioni le gestisce da anni e conosce le procedure», osserva a Open Pina Onotri, segretario generale del sindacato medici italiani. Ma anche sui medici di famiglia le Regioni si sono mosse a macchia di leopardo. «Non tutte hanno chiuse gli accordi sulle vaccinazioni con i medici di medicina generale. La maggior parte dei medici si è detto disponibile oltre che a vaccinare negli studi, di andare a rafforzare gli hub ospedalieri e aziendali, ma purtroppo non in tutti i territori queste disponibilità sono state accolte e organizzate», aggiunge Onotri. In Piemonte, il grande caos nella gestione delle vaccinazioni ha portato 150 medici generali a scrivere al presidente della Regione Cirio spiegando come in queste condizioni sia impossibile vaccinare.

Il caos a livello regionale

In Veneto, invece, prima regione in Italia per somministrazioni, il governatore Luca Zaia, pur assicurando che entro fine settimana la regione vaccinerà tutti gli over 80, ha ribadito che non ci sono abbastanza dosi. Una situazione che ha costretto alcune Asl del territorio a chiederne in prestito. «L’Ulss Scaligera di Verona si farà prestare vaccini dalle altre per chiudere la fascia Over 80», ha spiegato il presidente del Veneto. Ed è proprio la mancanza di comunicazione tra le Asl e i territori ad aver creato molte difficoltà campagna. In Puglia i medici di base non hanno accesso neanche alle liste dei pazienti fragili da vaccinare, secondo la denuncia fatta dai sindacati direttamente a Open

Proprio su queste disparità, il piano di Figliuolo ha previsto di aiutare le Regioni con meno potenzialità. Le linee guida prevedono l’accantonamento di circa l’1,5% delle dosi che arrivano in Italia cosi da poterle reindirizzare prontamente in caso di emergenza alle aree che hanno più criticità. Per questo nelle ultime settimane il commissario sembra aver intensificato il dialogo con le Regioni. Ma le amministrazioni continuano ad andare in ordine sparso, e riuscire a gestire venti campagne vaccinali differenti, e i malumori dei governatori, potrebbe essere il vero tallone d’Achille del piano vaccinale.

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