L’Ue verso un accordo sulle linee guida del «green pass». Ma l’approvazione finale è lontana (e il turismo trema)
Ieri, mercoledì 14 aprile, il Comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Unione europea, il Coreper, ha raggiunto un accordo sugli standard del certificato che attesta l’immunità dal Covid-19 con lo scopo di facilitare la libera circolazione all’interno dell’Unione e di altri Paesi che si uniranno all’iniziativa – Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. Dopo questo passaggio seguiranno i negoziati con il Parlamento europeo, l’obiettivo è finalizzare il testo entro maggio ma per arrivare all’accordo giuridico ci vorrà più tempo. I termini del Green Pass corrispondono a quelli annunciati un mese fa: per avere la “luce verde” bisogna essere vaccinati con un siero riconosciuto dall’Ema, o risultare negativi a un test, o essere guariti dal virus.
Avere il Green Pass «non è una precondizione per esercitare i diritti di libera circolazione», il che significa che non è un documento di viaggio. Nella dichiarazione viene sottolineato «il principio di non discriminazione, in particolare nei confronti delle persone non vaccinate». Spetterà agli Stati membri decidere come usare un certificato, che nonostante venga spesso indicato e annunciato come un passaporto vaccinale, non è né un passaporto per viaggiare all’estero, né un certificato che attesta la vaccinazione.
Il Green Pass è lo strumento per salvare l’estate degli Stati membri a vocazione turistica
In queste parole c’è tutta la difficoltà nel trattare uno degli argomenti più difficili e spinosi dei prossimi mesi, ma per adesso il Green Pass è soprattutto lo strumento che serve a salvare l’estate degli Stati membri che fanno più affidamento sul turismo. Grecia, Spagna, Portogallo e Italia vogliono arrivare a un accordo il prima possibile per consentire ai potenziali turisti di prenotare con sicurezza, ma vista la lentezza delle istituzioni europee l’accordo giuridico potrebbe arrivare solo a giugno. Troppo tardi per non rivivere la decadente stagione dell’anno scorso.
Riconoscendo i suoi limiti, Bruxelles consentirà ai governi di andare avanti con regolamentazioni nazionali fino a quando il sistema non diventerà una realtà. Perciò, ogni Paese svilupperà le proprie regole e i propri pass digitali, ma non è chiaro se i diversi sistemi e regolamenti saranno in grado di integrarsi. Atene finora è il governo più attivo, con accordi bilaterali per aprire corridoi turistici e la promessa di isole covid-free, una possibilità legata alla peculiarità della geografia ellenica che sta facendo proseliti anche in Italia dove non ha molto senso parlarne negli stessi termini.
Ma c’è ansia e preoccupazione. Per hotel e ristoranti italiani il 2021 si preannuncia molto simile al 2020. Le vendite riprenderanno a malapena dopo il crollo del 44% registrato da Confcommercio l’anno scorso, che secondo l’analisi di Coldiretti sui dati di Bankitalia ha causato mancati introiti per 25 miliardi di euro, una somma pari alla prima tranche del Recovery Fund. Nel 2020 i ricavi del turismo estero sono diminuiti del 61% e il 2021 promette solo piccoli miglioramenti. A pesare sul settore anche il calo del turismo interno, e la quasi totale assenza di viaggi di lavoro e grandi eventi.
La regolamentazione nazionale rischia di replicare lo stesso percorso delle app di contact-tracing: a ognuno la sua
In attesa di un Green Pass europeo, la regolamentazione nazionale dei certificati di immunità rischia di replicare lo stesso percorso delle app di contact-tracing, a ognuno la sua. L’Estonia, un Paese molto avanzato nella digitalizzazione, sta sviluppando un proprio pass da presentare alla fine del mese. La Danimarca ha introdotto un sistema di certificazione personale che riconosce l’avvenuta vaccinazione, il tampone negativo o la guarigione dal virus. Il corona pass danese non può ancora essere utilizzato per viaggiare all’estero, ma già viene usato per accedere a parrucchieri e centri estetici, laboratori di tatuaggi e scuole guida.
La Francia ha sperimentato con Air France un pass digitale per chi ha viaggiato in Martinica, Guadalupa e Stati Uniti. Angela Merkel ha scatenato polemiche dopo aver detto che quando la Germania sarà in grado di offrire i vaccini a un numero sufficiente di persone, il governo dovrà considerare se dare accesso a determinate aree solo alle persone vaccinate. Il ritardo nella campagna vaccinale ha allontanato il momento in cui i Paesi europei dovranno decidere come regolamentare una società con persone vaccinate o in attesa di ricevere la propria dose, e con persone che non possono o non vogliono vaccinarsi. Sono tante le questioni da risolvere, dall’utilizzo dei dati personali alle libertà e ai diritti costituzionali.
Von der Leyen tratta con Pfizer la consegna di 1,8 miliardi di dosi
Alcuni di questi problemi possono essere affrontati come ha fatto la Danimarca e l’Ue, girandoci intorno ampliando i criteri in modo da non discriminare chi non può o non vuole vaccinarsi. Ma con l’avanzare delle campagne vaccinali il dibattito sull’introduzione dell’obbligo vaccinale per rilanciare l’economia si presenterà con tutti i suoi problemi. Ursula von der Leyen ha annunciato la trattativa con Pfizer/BioNTech per una fornitura di vaccini che prevede la consegna di 1,8 miliardi di dosi nel periodo che va dal 2021 al 2023. Una volta introdotti, l’utilizzo dei certificati di vaccinazione potrebbe durare molto a lungo.
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