Coronavirus, Galli sulle riaperture: «Dicono che è un rischio calcolato? Sì, calcolato male»
«Abbia pazienza: decidiamo di riaprire e abbiamo ancora più di 500 mila casi di attualmente positivi». Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive al Sacco di Milano, è tornato a chiedere prudenza per contenere i rischi dell’epidemia di Coronavirus ancora in corso. Quello che il governo ha definito un rischio calcolato (riferendosi alle riaperture che avverranno a partire dal 26 aprile) è per Galli «calcolato male». Perché nonostante il numero dei positivi sia già alto di per sé, quelle 500 mila infezioni attive non possono che essere un dato sottostimato: «Saranno più del doppio – ha sottolineato in onda a Otto e Mezzo su La7 – considerando che quelle che ci sono sfuggite sono sicuramente molte».
Il confronto è con la fine del lockdown dello scorso anno, quando ce n’erano meno di 100 mila, «anche se pure allora non erano meno di 400 o 500 mila». Lo stesso quadro era stato evocato recentemente dal fisico dell’Università di Trento Roberto Battiston, che in diverse interviste ha fatto notare la differenza di condizioni tra l’attuale e la scorsa primavera. Anche guardando alla campagna vaccinale, per Galli è evidente come non siamo ancora riusciti a mettere in sicurezza la popolazione più fragile, che rischierebbe di andare incontro a un pericolo troppo elevato al momento dell’allentamento delle misure restrittive.
«Abbiamo fatto 23 dosi di vaccino e mezzo per 100 abitanti e abbiamo ancora una larga parte di over 70 non vaccinati, ha detto. «La Gran Bretagna è a 60 dosi su 100, eppure mi pare che Boris Johnson, che non è certo un non conservatore, abbia previsto che le riaperture significheranno altri morti e altre difficoltà. Il sistema dei colori attivo in Italia, come è evidente, non ha funzionato. Guardiamo l’esempio della Sardegna: credo sia sufficiente».
Immagine di copertina: Ansa / Matteo Bazzi
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