I numeri in chiaro. Sebastiani: «Livelli di contagio elevati in una provincia su quattro. Questi dati non giustificano le riaperture» – Il video
In Italia, nelle ultime 24 ore, sono 15.370 i nuovi casi di infezione da Coronavirus. Ieri erano stati 15.943, secondo i dati diffusi dalla Protezione civile e dal ministero della Salute, con un tasso di positività che cala leggermente, da 4,8% a 4,6%. Sono invece 310 i decessi (ieri 429), per un totale di 116.676 dall’inizio dell’emergenza sanitaria. I pazienti ricoverati con sintomi sono in tutto 27.440. Di questi, 3.340 sono in terapia intensiva (ieri 3.366). Guardando agli ingressi giornalieri in rianimazione il dato di oggi è in calo, 163 contro 199 di ieri.
L’analisi dei dati epidemiologici
Per quanto riguarda i dati epidemiologici dell’ultima settimana, il matematico Giovanni Sebastiani spiega a Open che «l’aspetto preoccupante è la curva del contagio, che sta cambiando: da alcuni giorni c’è una frenata della discesa», probabilmente dovuta alla riapertura delle scuole e al «ritorno della didattica in presenza. Un altro risultato che trovo preoccupante è che negli ultimi 7 giorni 25 province italiane delle 107 registrano un livello di incidenza del virus superiore ai 200 casi per 100 mila abitanti. Di queste 25, 11 superano la soglia che corrisponde alla zona rossa. E, secondo i miei calcoli, quelle 25 province a breve diventeranno 28».
Sebastiani: «Non si parli di rischio calcolato»
«Ritengo, da scienziato, che questi dati non giustifichino in alcun modo» le riaperture previste per il 26 aprile. Sarebbe stato più opportuno «rinviare a fine maggio, quando avremo completato di somministrare la seconda dose di vaccino alla maggior parte degli over 70. Per prendere questo tipo di decisioni è stata più volte citata la scienza per dare una giustificazione. In questo caso non possiamo parlare di rischio calcolato», come ha invece detto il premier Mario Draghi, «perché un rischio è associato a evento che non possiamo prevedere con certezza, mentre il rialzo dei contagi e i decessi conseguenti invece noi possiamo prevederli. La scelta in questo caso non é scientifica, ma politica».
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