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Le riaperture viste dagli esperti. Burioni: «Decisione politica, non scientifica». Bassetti: «È buon senso, il rischio zero non esiste»

Virologi e infettivologi si dividono sulla scelta del governo. Ma per tutti la prima criticità da risolvere rimane la lentezza della campagna vaccinale

Dal 26 aprile l’Italia torna a colorarsi anche di giallo. Le riaperture annunciate ieri dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, prevedono tra le altre cose il via libera ai ristoranti a cena, ma solo in quelli con i tavolini all’aperto. Privilegiate poi tutte le attività, a partire dallo sport, che possano essere praticate all’aperto. Riprendono le scuole di ogni ordine e grado con il 100% in presenza nelle zone gialle e arancioni. Un rischio calcolato, ha detto il premier. Ma la comunità scientifica non è del tutto convinta.

Crisanti e Galli: «Accelerare sui vaccini»

Per Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia e virologia dell’università di Padova, le proposte del governo sono solo una mediazione tra chi vuole aprire e chi vuole chiudere. Con il ritorno alle zone gialle, dice Crisanti, i contagi torneranno ad aumentare. Quello che serve è una campagna vaccinale «a tamburo battente». I nostri dati – dice – sono ancora alti, «con le aperture aumenteranno e dovremmo chiudere proprio in estate, quando invece gli altri Paesi saranno fuori dal tunnel». Anche per Massimo Galli, responsabile di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, il problema è che la campagna vaccinale è ancora troppo lenta. E in queste condizioni aprire è «un rischio calcolato male». Per l’infettivologo ci sono ancora troppi 70enni, 80enni e 90enni che non sono vaccinati.

Andreoni: «L’allerta nelle terapie intensive non è risolta»

Ed è proprio la lentezza della campagna vaccinale il tallone d’Achille dietro le riaperture. Una criticità che mette d’accordo molti esperti, anche Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). «In un momento cruciale della campagna vaccinale italiana dovremmo essere più rigorosi, pensare alle chiusure e non ad aprire. Ricordo che le terapie intensive vivono ancora una situazione molto complicata di allerta che non è risolta», ha dichiarato Andreoni all’Adnkronos.

Bassetti: «Punire chi non rispetta i protocolli»

Chi pensa che quella sulle riaperture sia una «decisione politica, non scientifica» è il virologo Roberto Burioni: «Questo l’ho scritto un anno fa ma è estremamente attuale», ha dichiarato su Twitter. Posizione più vicina al governo quella espressa da Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, che parla di decisione di «buon senso». «E’ chiaro – dice – che non c’è per questo tipo di decisioni il rischio zero, bisogna fare attenzione e monitorare, nelle aree dove le misure non vengono rispettate si deve tornare alla zona rossa. I furbi che non rispettano i protocolli vanno sanzionati subito». Vicino a questa posizione anche il virologo Fabrizio Pregliasco: «Come abbiamo fatto finora dovremo essere responsabili, questo non perché lo Stato voglia scaricare la responsabilità sui singoli ma perché comunque ci vuole una corresponsabilità».

Menichetti: «Non bastano la volontà e la speranza»

Francesco Menichetti, virologo e primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa, commenta: «Io vedo tantissima gente che gira e non osserva le precauzioni che dovrebbe osservare. Non bastano la volontà e la speranza, bisognerebbe anche utilizzare e rispettare la matematica dell’epidemia e la matematica dell’epidemia ancora non è favorevole».

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