Scuola, molto rumore per nulla: così il governo ha dovuto rinunciare all’obbligo di presenza al 100%
È accaduto l’inevitabile. Dopo giorni di proclami sulla scuola, oggi si deciderà per abbassare l’obbligo minimo della presenza dal 100% al 60%, anche in zona gialla. L’unica eccezione riguarderà probabilmente le ultime classi delle superiori, ché vanno incontro all’esame di maturità. Il ritorno alla cautela è stato maturato ieri, 20 aprile, durante l’incontro Stato-Regioni, dove i presidenti dei territori e i sindaci hanno messo sul tavolo le stesse difficoltà di sempre: i trasporti insufficienti, gli edifici vecchi, le classi pollaio. Pensare di poter trovare una regola unica che andasse bene per oltre 8 mila scuole superiori presenti in Italia era un azzardo. E non sarebbe stato vincente contro il Coronavirus.
Lo stesso Agostino Miozzo, consulente del Ministero dell’Istruzione, aveva fatto capire già due giorni fa che l’ipotesi di abbandonare la Dad non era più sul tavolo (e forse non c’era mai stata davvero). Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, ha confermato la volontà di abbassare l’asticella, dichiarando di preferire l’all in solo per gli studenti della quinta superiore. «Io sono sempre stato aperturista per le scuole – ha detto – e la Toscana fu la prima regione che l’11 gennaio già aprì con il 50% alle scuole medie superiori. Però in questa prima fase sono cauto, aspetterei almeno maggio per pensare a un’apertura a tutti». Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco di Bari, è sulla stessa linea: «Sarebbe meglio evitare, come è successo nel passato, di partire e poi accorgerci che c’erano problemi sui trasporti e fare retromarcia», ha detto.
I presidi: «Giusto lasciare autonomia alle scuole»
Poco dopo la fine della riunione di ieri, i presidi si erano espressi positivamente. Bene lasciare autonomia decisionale agli istituti, che più di tutti conoscono la situazione delle loro scuole. Il cambio di marcia è «una scelta di buonsenso e ragionevolezza», ha detto il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, «ed è bene che siano i dirigenti a decidere le percentuali degli studenti in presenza, perché lo faranno considerando le condizioni del territorio e delle istituzioni scolastiche».
La possibilità di andare tutti in presenza, comunque, non è negata. Esistono scuole e scuole, comuni e comuni. E se la strategia consente al governo di aprire tutte le attività senza venir accusato di farlo a discapito delle scuole, dall’altra parte lascia anche questa fine di anno scolastico in balia delle diseguaglianze. Le scuole con gli edifici migliori e in territori più efficienti dal punto di vista dei trasporti potranno riaccogliere in classe tutti gli alunni, ma un’altra parte d’Italia si condanna inevitabilmente alla Dad.
D’altronde, non è possibile pensare che 25 alunni stipati in una classe piccola – e che non sono stati tamponati – non siano un assembramento, né che i presidi siano pronti a correre il rischio. Solo ieri l’Ats di Milano ha segnalato che nella settimana dal 12 al 18 aprile sono state ricevute 669 segnalazioni di casi di tamponi positivi al Covid-19 nelle province di Milano e Lodi: 571 alunni e 98 operatori scolastici, per un totale di 5.187 persone in isolamento (5.005 alunni e 182 operatori).
Gelmini: «Puntiamo comunque al 100%»
La ministra Mariastella Gelmini ci tiene a precisare che non si tratta di una «marcia indietro», che «si parte dal 60%, ma l’obiettivo del 100% lo raggiungeremo progressivamente». Aggiunge che il problema riguarda i trasporti e che la colpa è del governo precedente. Ma aldilà delle posizioni politiche, era chiaro ormai a tutti che dire semplicemente «riapriamo le scuole» – senza risolvere i problemi che le hanno tenute chiuse, nonostante gli stanziamenti – non avrebbe funzionato. E annunciare un rientro progressivo a poche settimane dalla fine dell’anno scolastico rischia di essere l’ennesimo annuncio che non vedrà seguito.
Immagine di copertina: EPA/MARIO CRUZ
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