Da maggio i test salivari a scuola, ma le regole ancora non ci sono. Come ha funzionato l’esperimento di Bollate
Aperture in sicurezza. Dopo un anno e mezzo di pandemia da Covid-19 il binomio tra allentamento delle misure e protocolli per ripartire a basso rischio non è ancora così scontato. A partire dal 26 aprile gli spazi da dover proteggere saranno anche e soprattutto le scuole, con oltre 7 milioni e mezzo di studenti che tornerà in presenza. Secondo quanto deciso dal ministero della Salute lo strumento che permetterà di tracciare e quindi prevenire la diffusione del virus a scuola saranno i test salivari. Tra dubbi e polemiche su un’attendibilità garantita intorno al 60%, è stata la Regione Lombardia a lanciarsi in un annuncio ufficiale. «A maggio partiremo con i tamponi nelle scuole» ha dichiarato il presidente Attilio Fontana. Tra meno di 10 giorni l’obiettivo sarà garantire un’organizzazione perfetta che consenta a bambini, ragazzi, docenti e famiglie di vivere la riapertura degli istituti con maggiore tranquillità. Una sfida che non sarà solo la Regione di Attilio Fontana a dover affrontare ma che riguarderà l’intero territorio nazionale. A distanza di una settimana dall’annuncio del piano sui test a scuola e a pochi giorni dal via libera della prima Regione impegnata nell’impresa, i dettagli chiari su come si procederà non sono molti. Da chi e come verranno distribuiti i test salivari? Ogni quanto saranno eseguiti? Chi si occuperà di processarli?
L’esperimento di Bollate
L’ipotesi dei test salivari è stata sperimentata con un progetto in piccola nelle scuole elementari e medie di Bollate. La Statale di Milano insieme ad Ats hanno seguito l’andamento della prova, che potrà ora essere presa da esempio per alcuni fondamentali aspetti organizzativi. Gli studenti hanno ricevuto i test salivari in classe con la richiesta di effettuarli non in sede ma a casa. La specie di “lecca-lecca” andava tenuto in bocca un minuto e poi infilato in una provetta sterile. Ogni studente è stato chiamato a restituire il test effettuato il giorno dopo in classe, con una partecipazione ottenuta di circa il 90% dei coinvolti. Dopo la consegna dei test salivari gli stessi studenti sono stati sottoposti all’esame sierologico per la ricerca degli anticorpi. Sono stati 12 gli infetti registrati, di cui 10 debolmente positivi, poi risultati negativi alla prova del tampone molecolare. «Succede perché il salivare intercetta prima il virus», ha spiegato il sindaco di Bollate Francesco Vassallo, «in questi casi il test va ripetuto». Per i due studenti «pienamente positivi» è scattato l’isolamento, mentre per i compagni la quarantena. L’intero esperimento è costato circa 70mila euro con l’impegno, per l’analisi dei test, dei laboratori della Statale di Milano.
Le decisioni ancora da prendere
Non c’è molto tempo da perdere. Le decisioni sulle nuove riaperture alzeranno la soglia di studenti in presenza, dal 70% al 100% in zona arancione e gialla e l’approvvigionamento di sufficienti tamponi sarà il primo passo da compiere. Poi ci sarà da sciogliere il nodo dei laboratori territoriali. Finora abilitati per eseguire tamponi nasofaringei, ora dovranno effettuare i test salivari con tanto di certificazione concessa. Anche sulla cadenza è tutto da decidere. La scelta sarà tra un’esecuzione settimanale o, come accade già in Svizzera, giornaliera e a campione. A questo proposito l’idea che arriva da Bollate è di procedere con tamponi salivari ogni 7 giorni in alcune “classi sentinella“. Se si dovessero registrare positivi a quel punto si allargherebbe di nuovo l’esame a tutto l’istituto. È alla luce di un’organizzazione in gran parte da definire che il preside della Facoltà di Medicina in Statale, coordinatore del progetto dei test salivari, frena sui tempi: «I primi di maggio? Non credo sarà possibile».
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