Decreto Covid, la lettera delle Regioni a Draghi: «Metodo fuori dalla Costituzione. Via libera a tutti i ristoranti e coprifuoco alle 23»
A quattro giorni dalla data fissata dal decreto Covid per le prime riaperture, il 26 aprile, e nel pieno del braccio di ferro con il governo, le Regioni tornano a far sentire la loro voce. Lo fanno in una lettera indirizzata al premier Mario Draghi, in cui chiedono una serie di modifiche rispetto alle misure individuate dall’esecutivo per la ripartenza. In particolare, le Regioni invocano la riapertura di tutti i ristoranti a pranzo e a cena, compresi quelli che hanno soltanto coperti all’interno, e non solo all’esterno, come invece è stato previsto dagli ultimi provvedimenti governativi. Dunque un allentamento maggiore che metta tutti i ristoratori o gestori di locali sullo stesso livello. Si legge nella lettera all’indirizzo di Palazzo Chigi:
«Le Regioni ritengono necessario consentire, nel rigoroso rispetto dei protocolli di sicurezza, l’effettuazione dei servizi di ristorazione sia al chiuso che all’esterno, senza differenze di trattamento con riguardo agli orari di somministrazione (pranzo, cena). Una tale previsione rischia di discriminare gli esercizi che dispongono degli spazi esterni rispetto a coloro che non ne dispongono».
Altro punto toccato dalla missiva è poi il tanto discusso coprifuoco che il governo ha deciso di lasciare immutato alle 22, come individuato dal precedente esecutivo. Un limite orario che, è l’argomentazione delle Regioni, rischia di essere proibitivo per ristoratori e clienti che optano per la cena fuori, oltre che per il mondo dello spettacolo. Le Regioni, dunque, non si accontentano della disponibilità – manifestata dalla ministra Maria Stella Gelmini – ad allentare il coprifuoco nelle prossime settimane, e chiedono che l’orario venga posticipato di almeno un’ora, alle 23. Si legge ancora nella lettera:
«In ragione dell’approssimarsi della stagione estiva caratterizzata dall’ora legale e, in considerazione della riapertura delle attività sociali e culturali, si propone di valutare il differimento dell’interruzione delle attività e della mobilità dalle ore 22 alle ore 23».
Duro il passaggio sulla scuola, con le Regioni che «prendono atto con amarezza delle decisioni emerse in Cdm in relazione al tema della percentuale minima per la didattica in presenza», «in contrasto con le posizioni concordate in sede di incontro politico, alla presenza di cinque ministri, dei Presidenti di Regioni e Province autonome, Anci e Upi, nonché con le istruttorie condotte nell’ambito dei tavoli prefettizi. Un metodo che non ha privilegiato il raccordo tra le diverse competenze che la Costituzione riconosce ai diversi livelli di governo».
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