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Disastro SuperLega, perché è fallita (per ora) la fuga delle big dal calcio europeo

Fonti vicine alla nuova competizione, assicurano che il progetto era serio, rigoroso e costruito in maniera professionale. Le squadre della Premier League prese in contropiede da Boris Johnson

Nel giro di 48 ore la SuperLega è passata da essere la rivoluzione che avrebbe dovuto stravolgere il calcio europeo a un progetto naufragato ancora prima di cominciare. L’annuncio fatto trapelare domenica sera dai 12 club fondatori, più attraverso rumors e indiscrezioni che attraverso una presentazione ufficiale, dà la misure del grande fallimento, almeno sul piano della comunicazione della SuperLega. Martedì, mentre il nuovo campionato aveva già cominciato a perdere subito i primi pezzi con l’abbandono di Chelsea e Manchester City, la grande rivoluzione annunciata dal patron del Real Madrid, Florentino Perez, aveva di fatto già cessato di esistere. E con il definitivo abbandono – almeno per ora – del resto dei club inglesi, i tifosi, la Uefa, e le federazioni nazionali sembravano averci messo una croce sopra. Se non fosse che questa mattina, in un’intervista rilasciata da Andrea Agnelli a Repubblica, il presidente bianconero annunciava che non ci sarebbe stato nessun passo indietro. Una comunicazione smentita mezz’ora dopo da un commento rilasciato dallo stesso Agnelli a Reuters in cui dichiarava che senza le squadre inglesi sarebbe stato impossibile andare avanti.

Sembra difficile credere che 12 tra i club più titolati d’Europa, con alle spalle manager di professione, che gestiscono società miliardarie, siano incappati in banali errori di comunicazione e mancanza di pianificazione. Ma se fosse stata una strategia, difficile che la banca d’investimenti Jp Morgan, si sia lasciata convincere a metterci la faccia, con la promessa di un investimento da 4 miliardi di euro solo per testare il terreno con la Uefa. Secondi fonti interne vicine alla SuperLega, sembra che i club siano stati presi in contropiede dalla forte opposizione. Anche se una certa resistenza era stata presa in considerazione, la minaccia del premier britannico Boris Johnson di voler addirittura fare una legge ad hoc per fermare le società inglesi ha colto di sorpresa i club della Premier League.

«Date le circostanze attuali, riconsidereremo i passaggi più appropriati per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi. Ovvero offrire ai tifosi la migliore esperienza possibile, migliorando la redistribuzione dei pagamenti di solidarietà per l’intera comunità calcistica», si legge in un comunicato ufficiale. Il passo indietro delle squadre inglesi è apparso improvviso e inaspettato. Il progetto – assicurano fonti interne – era serio, rigoroso e costruito in maniera professionale. Un progetto di cui la Uefa sembra essere stata a conoscenza da mesi e di cui aveva discusso con le stesse squadre fondatrici per provare a trovare un accordo.

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