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Chi è Fulvio Grimaldi, il giornalista italiano utile alla propaganda egiziana contro Regeni

29 Aprile 2021 - 16:25 David Puente
Dal 2016 sostiene che il ricercatore fosse al servizio di un «gruppo di delinquenti». Così la sua narrativa si è rivelata funzionale al documentario che cerca di screditare Giulio

Chi è il mandante del documentario anonimo per infangare la figura di Giulio Regeni? Non risultano, al momento, degli elementi nei circa 50 minuti di montaggio che permettano l’identificazione di un autore. Qualcuno ha provato a insinuare una paternità dell’opera, un articolo del Corriere parla «del giornalista Fulvio Grimaldi» che però risulta essere solo un intervistato con il nome riportato, per giunta, in maniera errata: «Fulvio Gremaldi». Un errore riguardante la vocale «e» che, a lettere invertite, abbiamo già visto con il cognome del giovane ricercatore italiano anche nella pronuncia dei protagonisti egiziani durante le interviste: «Regini», invece di Regeni.

La pagina Facebook del documentario esiste dal 23 aprile 2021 e il primo video promozionale con protagonista Grimaldi risale al 28 aprile alle ore 10:00, ma non vi è traccia di un annuncio o accenno della sua partecipazione se si guarda alla attività social del giornalista iscritto all’Ordine del Lazio (qui e qui). Sembra quasi che lo abbiano intervistato per poi “fargli la sorpresa”, come è successo con l’ex ministra Trenta. A differenza di quest’ultima, però, Grimaldi doveva parlare “con piacere” in un documentario che detta ombre su Giulio Regeni.

The Story of Regeni è un documentario anonimo, ma sappiamo che l’ex ministra Trenta è stata contattata da un sedicente rappresentante dell’emittente Al Arabiya, un nome molto simile all’emittente Alaraby TV che il 22 aprile 2021 aveva pubblicato un altro documentario proprio su Giulio Regeni. Lara Tomasetta, giornalista di TPI che ha partecipato alla realizzazione dell’opera, ha voluto precisare a Open la necessità di distinguere le due opere perché il nome delle emittenti, in effetti, risulta simile. Che abbiano appositamente giocato su questa somiglianza fonetica per convincere gli intervistati? Abbiamo scritto all’emittente Al Arabiya per confermare o meno le credenziali con le quali si sono presentati Mahmoud Abd Hamid e il Khalifa Mohamed, rispettivamente la persona che ha firmato l’email e l’inviato che ha intervistato l’ex ministra. Al momento, non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Le riprese dei protagonisti italiani sono identiche, chiaramente effettuate in luoghi diversi con uno sfondo adatto a ricreare una scenografia simile a quella degli intervistati in Egitto. Tutto professionale, come il contenuto del documentario dove si vedono riprese dall’alto del Cairo effettuate con un drone. Un elemento che ci fa comprendere che ci sia stata un’autorizzazione a far sorvolare le varie zone della capitale. La presenza di protagonisti come il Generale Farouk Elmakrahy e l’ex ambasciatore egiziano in Italia Ashraf Rashid contribuiscono a confermare come le autorità egiziane dovessero essere a conoscenza di tutto.

Difficile sostenere che Fulvio Grimaldi sia l’autore del documentario, ne sarebbe stato molto probabilmente fiero vista l’attenzione riposta nei confronti di Giulio Regeni negli anni. Per un documentario che ha come obiettivo quello di screditare la figura del ricercatore risulta utile, quanto funzionale, sfruttare figure italiane che lo critichino con una narrativa adeguata. Grimaldi, «giornalista e corrispondente storico di guerra» come definito in una lunga intervista rilasciata il 18 febbraio 2021 a Byoblu dal titolo «Regeni: un agente segreto mandato da Londra?», era la persona giusta per ottenere lo scopo:

Il giornalista e corrispondente storico di guerra Fulvio Grimaldi commenta la vicenda legata all’omicidio di Giulio Regeni. Finora la narrazione dominante ha sempre descritto Regeni come uno studente vittima della violenza di un regime repressivo, quello guidato dal Presidente egiziano Al Sisi.

Secondo Grimaldi tutto questo sarebbe fuorviante rispetto ad una storia che avrebbe invece diverse zone d’ombra irrisolte. Come il ruolo mai chiarito dell’Università di Cambridge che aveva affidato a Regeni una tesi di dottorato decisamente controversa: uno studio sui sindacati dissidenti del Presidente Al Sisi.

Dietro Regeni potrebbero quindi esserci interessi politici per arrivare ad un cambio di regime in Egitto, ma anche interessi economici di chi invidiava la posizione privilegiata dell’Italia nel Mediterraneo.

In questo inizio 2021 sono state diverse le comparsate sul tema Regeni da parte di Fulvio Grimaldi, il 3 febbraio era già stato ospite del canale YouTube Come Don Chisciotte con un intervento dal titolo «Giulio Regeni: quale verità? Con Fulvio Grimaldi» dove nella descrizione si afferma che «le sue rivelazioni aprono per la prima volta uno scenario inedito, chiaro e razionale». In realtà, la narrativa del giornalista non è per nulla inedita e gli appartiene dal lontano 2016. Poco tempo dopo la notizia della morte di Regeni, pubblicò un post Facebook riportante la seguente supposizione:

Regeni? Zitti zitti Curioso che dallo spartito di questi suonatori siano scomparse le note su Regeni dipendente a tempo pieno dell’agenzia spionistica transnazionale “Oxford Analytica”, di un ex-capo dei servizi segreti britannici e di John Negroponte, operatore genocida in due o tre continenti e creatore del primo Emirato Islamico, con cui contrastare la resistenza nazionale in Iraq. Modello originariamente proposto da Churchill e dai britannici, con il logo Fratelli Musulmani, contro gli irrequieti nazionalisti egiziani, replicato anche da Obama in Siria. Fratelli Musulmani poi messisi à la page con la modernità, altro che Cirinnà. Si sono moltiplicati grazie a uteri in affitto messi a disposizione dall’Occidente e praticano alla grande la stepchild adoption ovunque si trovino adottandi con barbone, nodo scorsoio e scimitarra da decapitazione. Milioni di schermate, foreste di alberi ridotte in pagine di giornali, tonnellate di piombo, tutte impegnate allo spasimo a sviscerare ogni tessera del luminoso mosaico della vita di Regeni e, toh, neanche tra le righe a caratteri più minuti, neanche in una nota in calce, gli è scappato ciò che tracima da mille voci di Google, che il giovanotto ha lavorato embedded tra capi che figurano tra i peggiori mascalzoni rigurgitati dalla macina di morte angloamericana. E volete che gli si dia la patente della buonafede? A questi media, dico?

Circa venti giorni dopo la data della morte di Giulio Regeni, Grimaldi si dichiara certo: il suo superiore «e capo degli squadroni della morte» era il politico e ambasciatore americano John Negroponte. Il 16 settembre rincara ulteriormente la dose dicendo che Giulio Regeni era al servizio di un «gruppo di delinquenti»:

Al direttore di Pressenza, Turquet, ho ripetutamente chiesto di esprimersi sul dato di fatto accertato di un Giulio Regeni al servizio di un gruppo di delinquenti, provocatori, spioni e masskiller angloamericani, dirigenti della “Oxford Analytica”, potente società di spionaggio per la quale Regeni lavorava. Non ho mai avuto uno straccio di risposta. Forse perchè la risposta da dare sarebbe imbarazzante per chi è stato in prima fila da mesi nella diffamazione dell’Egitto e nella campagna “Verità per Giulio Regeni”.

Grimaldi non si è occupato negli anni soltanto di Regeni, si è addentrato anche nel mondo della scienza e dei vaccini tanto che in un post del 29 settembre 2016 parla di «germi patogeni» iniettati nei bambini, di «infiniti e ininterrotti crimini commessi dall’industria farmaceutica», di esperimenti di eugenetica e di «vaccini inventati per epidemie inventate». Non ci sorprende che si sia avvicinato a personaggi come Sara Cunial, la parlamentare complottista e negazionista della Covid19. Ecco una foto scattata nel 2020 durante una delle manifestazioni dei cosiddetti «FreeVax» e «NoVax»:

Nel post del 29 settembre 2016 sostiene che la giornalista Chiara Cruciati de Il Manifesto si faccia «dettare da chi vuol far fuori l’Egitto rotoloni di carta sull’immondo al-Sisi che ha torturato e ucciso il nobile Regeni». Evidentemente, se una testata o giornalista non sostiene con sicurezza che Giulio veniva comandato da un gruppo di delinquenti allora la testata o giornalista in questione è al soldo di qualcuno. O forse tali affermazioni sono prive di fondamento e sostenute attraverso opinioni derivanti da congetture spacciate per certezza attraverso i social o un blog o un canale televisivo che abitualmente ospita certe teorie? Di sicuro gli autori del documentario hanno trovato in Grimaldi l’alleato «pro-Egitto» per l’opera di discredito nei confronti di Giulio Regeni: un giornalista italiano, iscritto all’Ordine, che sostiene determinate teorie e l’ambiguità dei comportamenti di alcuni suoi colleghi.

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