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Perché il Green Pass del governo discrimina i giovani

30 Aprile 2021 - 08:45 Felice Florio
L'ultimo decreto Covid introduce lo strumento che permetterà ai cittadini di spostarsi tra regioni di diverso colore. Chi non è vaccinato (prevalentemente anziani) o guarito (età mediana dei positivi è di 43 anni), dovrà sottoporsi al tampone. A sue spese

Nell’ultimo decreto Covid, entrato in vigore il 26 aprile, è stato introdotto un nuovo strumento per allentare le restrizioni sulla mobilità dei cittadini. Si tratta del Green Pass – o certificazione verde – antesignano del passaporto vaccinale europeo che non sarà pronto prima di luglio. Per ottenere il “salvacondotto” pensato dal governo Draghi, bisogna possedere uno dei seguenti requisiti: aver completato il ciclo vaccinale, essere guariti dall’infezione da Coronavirus o essersi sottoposti a un tampone nelle 48 ore precedenti allo spostamento. Questi criteri, tuttavia, vanno a discapito dei più giovani, che potranno beneficiare in misura inferiore rispetto agli over 40 del Green Pass. A meno che i ragazzi non si sottopongano a tampone prima di ogni spostamento, spettacolo o evento. A proprie spese.

Per quanto riguarda i vaccinati, in Italia, l’ordine di priorità stabilito dal governo prevede che siano le fasce più alte della popolazione a ricevere per prime i vaccini. Ad oggi – giovedì 29 aprile -, sono 16.855.906 gli italiani con più di 40 anni che hanno ricevuto almeno una dose di farmaco biologico. Considerando giovani gli under 30, invece, si contano 861.184 dosi inoculate nella popolazione in questa fascia di età. Il primo dei tre criteri per ottenere il Green Pass, dunque, non riguarda certamente i ragazzi. Passando al secondo requisito per ottenere il certificato verde, quello della presunta immunizzazione ottenuta in seguito a infezione e guarigione da Sars-CoV-2, occorre osservare l’età mediana del contagio. Sebbene il trend indichi una lenta discesa di questo dato lungo tutto il mese di aprile, l’età mediana dell’ultimo monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità disponibile – quello del 23 aprile – si attesta a 43 anni.

Dall’inizio del monitoraggio a oggi, l’età mediana è passata da oltre 60 anni nei primi due mesi della pandemia a circa 30 anni nella settimana centrale di agosto, per poi risalire fino a 49 anni e scendere di nuovo a 43 anni nell’ultima settimana. Mai sotto i 30 anni, dunque. Anche il secondo criterio per ottenere il Green Pass, ovvero quello di aver superato la Covid-19 negli ultimi sei mesi, non è una questione “giovanile”. Alla stragrande maggioranza dei ragazzi non resta che sottoporsi a tampone per ottenere il lasciapassare verso o da regioni che si trovano in zona arancione o rossa. Test da fare 48 ore prima di mettersi in viaggio. Immaginando un fine settimana fuori porta che inizi venerdì sera e finisca lunedì mattina, il giovane dovrà effettuare due, uno alla partenza e uno durante il viaggio. E, a differenza degli altri due metodi per ottenere il Green Pass, la soluzione del tampone è a carico di chi ne vuole usufruire.

Non è in discussione la priorità vaccinale destinata agli anziani e alla popolazione più fragile. Tantomeno è auspicabile che il contagio si diffonda tra i ragazzi per abbassare l’età mediana della trasmissione del virus. Una norma che consente la ripresa della mobilità, però, non può avere un effetto discriminatorio nei confronti dei giovani. Che, tra l’altro, sono tra i principali attori del turismo estivo. Rendere, per loro, più costoso spostarsi, non fa bene all’intero settore. Non solo: il Green Pass servirà anche per accedere a grandi concerti, spettacoli dal vivo e manifestazioni sportivi. Vincolare il lasciapassare per questi eventi al pagamento di un tampone rischia di essere un disincentivo alla ripartenza.

Occorreva pensare a una soluzione che riguardasse la fascia di popolazione più giovane, che già sappiamo essere stata penalizzata dalla pandemia per questioni occupazionali e di potere di acquisto. Se troppo esoso per le casse statali garantire un tot di tamponi al singolo cittadini, si sarebbe potuto optare per una calmierazione a livello nazionale dei prezzi dei test antigenici somministrati nelle farmacie italiane. Se la Regione Lazio ha fissato un prezzo fisso di 22 euro, trovare una farmacia a Torino che esegua il test a meno di 38 euro è un’impresa. A Milano i tamponi rapidi arrivano a costare anche 50 euro. Interpellato il ministero della Salute sugli effetti del Green Pass, che penalizzano la mobilità dei giovani, dal palazzo del Lungotevere Ripa hanno preferito non commentare.

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