Ansia, vuoti di memoria, febbre. Anche i giovani sono colpiti da Long Covid: «I medici non ci credono» – Il video
Per molti giovani uomini e donne il test che accerta la negatività al Covid-19 non è mai stato davvero il segno di un ritorno alla vita normale ma un calvario fisico e psicologico che sembra non avere fine. A distanza di 10, persino 12 mesi dall’infezione, ci sono molti ragazzi, poco più che ventenni, che raccontano di convivere con sintomi che sembrano non andare più via: vuoti di memoria, difficoltà cognitive, affaticamento cronico, problemi a cuore e polmoni (prima mai avuti), febbre perenne, insonnia e perdita di gusto e olfatto. È il Long Covid ad averli colpiti, un tunnel da cui non riescono più a uscire e che li sta cambiando ogni giorno di più. «Leggo una pagina e mi scoppia la testa»; «L’attività fisica ormai è un ricordo»; «I problemi al cuore mi hanno cambiato la vita»: sono migliaia le testimonianze in Italia e all’estero di giovani accomunati dalle stesse gravi difficoltà. Tutti raccontano lo stesso dramma. Open ne hai incontrati tre: Arianna, Daniela e Silvia.
Più colpite le giovani donne
Una delle più recenti ricerche sul tema è quella pubblicata sul sito scientifico Medrxiv.org: eseguito in 56 nazioni diverse con quasi 4mila soggetti analizzati, lo studio presenta un focus anche sui giovani dimostrando quanto la Long Covid non faccia distinzione d’età. Sarebbe proprio la categoria delle giovani donne a essere la più colpita dalla sindrome (il 78,9 per cento dei casi). I ricercatori parlano di «un coinvolgimento multisistemico prolungato e di disabilità significativa», un quadro confermato anche da uno dei più completi studi pubblicato su The Lancet. La descrizione che si legge è quella di uno scenario complesso in cui i pazienti inchiodati ai sintomi sono sempre di più.
Ma sia la ricerca in corso sia lo stesso studio di Lancet specificano quanto le conoscenze sul tema siano ancora insufficienti: «Poiché il Covid-19 (e la sindrome post-Covid) sono ancora condizioni così nuove, la linea guida è adattiva e verrà aggiornata non appena saranno disponibili nuove prove. Alcune lacune sono evidenti e sarà fondamentale colmarle il prima possibile». Per ciò che riguarda l’Italia, il tema è stato recentemente affrontato dal ministro della Salute Roberto Speranza, annunciando l’idea di «un progetto nazionale, visto che al momento ci sono solo iniziative isolate di singole strutture sanitarie sparse sul territorio».
Riabilitare mente e corpo: «Ma il medico non mi crede»
Dopo aver riconosciuto la fondatezza scientifica dei sintomi denunciati dalle migliaia di persone affette da Long Covid in tutto il mondo, fondamentale è capire come poter intervenire. Secondo il Dipartimento Pneumologia Riabilitativa degli Ics Maugeri Pavia – una della realtà italiane attualmente più dedicate alla ricerca sul tema – sarà fondamentale un vero e proprio percorso di riabilitazione su tre fronti. «Il primo è il recupero respiratorio, ovvero andare a riaprire e dilatare, con farmaci, dispositivi e ginnastica respiratoria, gli spazi degli alveoli polmonari che sono stati compressi».
Il secondo pilastro è la rieducazione motoria: tante le difficoltà espresse dai giovani Long Covid che non riescono più a fare sport o una semplice passeggiata di piacere senza avvertire dolori. E poi, non ultima, la riabilitazione neurologica e mentale: «Memoria e psiche vengono colpite in maniera altrettanto forte oltre al fisico». Senza contare i problemi a cuore e polmoni per cui sarà necessario l’intervento di un team multispecializzato.
La base per tutto questo dovrà essere l’ascolto. Oltre alla difficoltà di convivere con i sintomi, i giovani Long Covid denunciano la frustrazione di non essere creduti dai loro medici. La sindrome viene interpretata come una semplice suggestione mentale, provocando ulteriori danni a una condizione psicologica già provata, invece, da sintomi reali. «Il medico mi ha consigliato una vacanza», racconta una delle giovani pazienti colpite dalla sindrome a Open. «Gli ho chiesto se si trattasse di Long Covid – continua – ma mi ha prescritto uno Xanax (noto ansiolitico, ndr)». «Questo non è stress o ansia, non siamo malati immaginari», conclude.
Foto e video di OPEN
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