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Primo maggio: meno discorsi e più progetti – Il commento

Precari, giovani, donne: gli esclusi del mercato hanno bisogno di interventi concreti

La tradizionale celebrazione del primo maggio è una ricorrenza particolare per il mondo del lavoro. In questa giornata si concentra un numero rilevante di articoli, interventi e discorsi incentrati sull’importanza del lavoro e sulla necessità della sua tutela. Discorsi che, di anno in anno, finiscono per assomigliarsi tutti, e che sono accomunati da un destino comune: dal 2 di maggio vengono rimessi in soffitta, pronti per essere rispolverati, con qualche piccolo adattamento, l’anno successivo. Questo andazzo rischia di banalizzare una ricorrenza che, invece, dovrebbe essere sfruttata come momento di riflessione per avviare interventi concreti sul mercato del lavoro. Interventi quanto mai urgenti in un momento come quello attuale, nel quale l’economia – non solo italiana – è devastata dalla pandemia e ci sono serie preoccupazioni sugli effetti che questa situazione potrà produrre sul mercato del lavoro.

Situazione che già da ora produce conseguenze pesanti sui lavoratori più fragili. Chi ha un lavoro subordinato a tempo indeterminato è protetto dal divieto di licenziamento e dalla cassa integrazione a pioggia; chi è fuori dalla cittadella delle tutele, perché ha un lavoro intermittente, precario o irregolare, deve arrangiarsi con briciole di tutele, ristori e sostegni, utili solo a enfatizzare la profonda divaricazione che esiste tra mondi così diversi. E anche chi oggi gode di un buon sistema di protezione, in quanto ha un lavoro stabile e gli ammortizzatori sociali, non può dormire sonni tranquilli, perché nessuno sa davvero che cosa potrà accadere quando scadrà il divieto di licenziamento.

A tutti quelli che hanno un potere decisionale in materia di lavoro dovremmo quindi chiedere, oggi, di aggiungere ai propri discorsi un piano con misure concrete (e relativi tempi di attuazione) per rispondere a questa situazione di grande ingiustizia. Come riaprire una strada fatta di opportunità per i giovani che non hanno mai lavorato? Come contrastare l’abuso del lavoro precario e irregolare (le false collaborazioni, le partite iva che mascherano la subordinazione, i contratti collettivi pirata)? Come gestire gli effetti della fine del divieto di licenziamento, assicurando un sistema funzionante di servizi per l’impiego e politiche attive per le persone che perderanno il lavoro?

Ci sono poi temi nuovi che richiedono, al pari di quelli appena segnalati, delle risposte. Come cambia il lavoro con la forte spinta alla digitalizzazione generata dalla pandemia? Come si possono conciliare i diritti (o meglio, l’ineludibile necessita di tutelarli) con i ritmi e i metodi di lavoro della gig economy? Sarebbe bello sentire, da chi deve definire e attuare le politiche del lavoro, ai diversi livelli istituzionali e sociali, delle risposte concrete a queste domande. Risposte che, come già detto, non dovrebbero fermarsi a discorsi tanto alti quanto sterili, ma dovrebbero tradursi in progetti, azioni, scadenze. Un approccio del genere sarebbe sicuramente innovativo e consentirebbe finalmente di onorare come merita la ricorrenza del primo maggio e l’articolo 1 della Costituzione.

Immagine copertina di Alvaro Reyes on Unsplash

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