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Ddl Zan, Pietro Turano: «Fedez è un megafono, ma perché è l’unica voce? La comunità Lgbtq+ resta invisibile» – L’intervista

L'attore romano classe 1997, vice presidente dell'associazione Arcigay Roma, spiega quali problemi si nascondono dietro al discorso di Fedez

Fedez sì, Fedez no. Dopo il discorso pronunciato sul palco del concertone del primo maggio a Roma, non è stata solo la Lega a storcere il naso. Anche alcuni esponenti della comunità Lgbtq+ si sono domandati se il rapper fosse o meno la persona adatta per parlare della causa. Proprio come accaduto con Achille Lauro dopo il Festival di Sanremo, si sono pian piano fatti largo i sospetti di queerbaiting, cioè dello sfruttamento delle battaglie civili ai fini di marketing. Secondo Pietro Turano, attore (ha recitato in «Skam», ndr), attivista e vice presidente di Arcigay Roma, la questione è però più complessa. «Il problema – dice – non è Fedez di per sé, ma il fatto che sia l’unica voce o la voce trainante di tutto il discorso». Il problema dunque non è quello che c’è, ma quello che ancora manca.

In quanto esponente della comunità Lgbtq+, cosa ne pensi del discorso di Fedez?

«Secondo me c’è un problema di fondo che ha a che fare con il rapporto che ha la società con la nostra comunità. Un problema che riguarda la nostra visibilità e le possibilità che abbiamo di rappresentarci in maniera diretta. La verità è che tutt’oggi abbiamo grande difficoltà ad esser visibili, ed è molto difficile che dei nostri temi ne possa parlare apertamente qualcuno che è realmente Lgbtq+. E quando c’è questa mancanza, allora anche il ruolo dell’alleato rischia di diventare problematico».

Che intendi nello specifico per problema di visibilità della comunità Lgbtq+?

«Abbiamo un problema di forte stereotipizzazione. Nello spettacolo alle persone Lgbtq+ vengono sempre affidati dei ruoli che hanno a che fare con un certo modello standard. Ad esempio, gli uomini gay sono quasi sempre chiamati per parlare di gossip. Ci sono solo alcuni spazi ben definiti in cui puoi essere gay o lesbica. Sono quelli e basta. Non è un caso che le persone visibili siano poche, che siano attori, musicisti o atleti».

Il problema è che non possono permettersi di esporsi?

«Certo. Non può essere un caso che le persone Lgbtq+ dichiarate siano così poche».

Foto di Alessandro Peruggi

Eppure qualcuno lo fa. Ad esempio sullo stesso palco del Primo Maggio ha parlato di questi temi anche Michele Bravi (artista che ha fatto coming out nel 2017, ndr)

«Infatti un altro problema è che non si dà spazio a chi poi invece non vuole ricalcare lo stereotipo. Michele Bravi ha detto delle cose bellissime, è una persona intelligentissima che si è spesa molto e non ha mai detto cose banali. Eppure in pochi ne hanno parlato. Certo, in questo caso quello che ha fatto Fedez è stato molto forte».

Come alleato, Fedez, come vi è sembrato quindi?

«Si sta dimostrando comunque un buon alleato. Si sta facendo megafono e veicolo di certi temi senza appropriarsene».

Anche alla luce delle canzoni che ha scritto e che contenevano versi un po’ problematici?

«Ci sono stati dei versi un po’ leggeri su certi temi, è vero. Ma è anche vero che le persone cambiano, che si assumono le loro responsabilità».

La posizione di privilegio dalla quale parla non la vedi come un problema, quindi?

«No, perché non la nega e, anzi, la fa fruttare. Il privilegio di per sé non è una colpa. È una condizione. La cosa importante è essere consapevoli di averlo e soprattutto non sprecarlo: perché il problema è quando tu hai un potere che altri non hanno e non fai nulla per loro. Lui ha dato spazio anche ad Alessandro Zan sui suoi social».

Non pensi che si sia trattato neanche un po’ di marketing?

«Chi è Fedez lo sappiamo. Sappiamo che tutto quello che fa è anche per vendere. Lui fa parte a pieno titolo di un certo sistema che, come tutta la nostra società, fa marketing. Però è anche una persona molto trasparente da questo punto di vista e non ci ho visto un’operazione sporca. Quel che conta per me è che nel momento in cui ha avuto la possibilità di calcare un palco così importante, ha scelto di dire certe cose. E così facendo ha fatto molto di più di altri nostri idoli politicamente schierati, che invece non avrebbero mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere».

A proposito, che ne pensi del fatto che faccia più rumore Fedez sull’argomento rispetto ai politici?

«Per me la società è molto più avanti della politica in questo senso. Il nostro panorama politico non rappresenta affatto chi siamo, non è un nostro specchio. Ne sono sempre più convinto».

Immagine di copertina di Alessandro Peruggi

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