Giovani andati a lavorare e mai più rientrati a casa: sono già 17 gli under 35 morti sul lavoro nel 2021
Diciassette giovani da gennaio a marzo 2021 sono usciti al mattino per andare al lavoro senza più fare rientro a casa. Numeri tragici che alimentano una ferita, tenuta costantemente aperta: l’ultimo episodio è quello di Luana D’Orazio, la 22enne morta risucchiata dalla pressa dell’azienda tessile per cui lavorava. La giovane Luana purtroppo non è un’eccezione. Secondo l’osservatorio Sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, il 2021 è iniziato tragicamente per i giovanissimi: 5 morti nella fascia d’età 15-24 anni, 12 decessi dai 25 ai 34. Un bollettino che fa rabbia e che si inquadra in soli 3 mesi in un contesto generale ancora più preoccupante: al 24 febbraio 2021, stando a quanto riportato da Fillea Cgil, si parla del +170% di morti sul lavoro nel settore edilizio.
Le morti bianche a cui dare giustizia
Luana D’Orazio è l’ultima morte bianca di un elenco lungo e doloroso, di cui ci si ritrova a parlare troppo poco. Andrea Masi aveva 18 anni. Colpito alla testa da un’elevatore, è morto a Milano nel suo primo giorno di lavoro lo scorso 2 dicembre. Soltanto quattro giorni fa Mattia Battistetti di 23 anni è stato travolto da un’impalcatura nell’azienda di ponteggi di Treviso dove lavorava. Mentre i soccorsi arrivati a San Donà di Piave hanno tentato disperatamente di salvare la vita a Cristian Cuceu, ma a 23 anni il tornio che lo ha colpito non gli ha dato scampo.
E con loro tante altre giovanissime vittime le cui famiglie aspettano ancora giustizia. «L’edilizia è storicamente uno dei settori più colpiti, in questi ultimi anni sta crescendo l’incidenza di infortuni gravi e mortali e malattie professionali non solo tra i lavoratori più anziani ma anche anche tra i più giovani. Nei primi due mesi del 2021, in base al nostro monitoraggio, abbiamo avuto nel comparto delle costruzioni un aumento del 170% delle vittime rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il più giovane aveva 23 anni, il più anziano più di 70» raccontano dalla Fillea Cgil. Tra le principali cause c’è la tendenza da parte di molte imprese ad agire fuori dalla norma considerando i costi per la sicurezza una voce da poter ridurre o tagliare, favoriti da «un sistema di controlli e sanzioni che continua a non funzionare. Pensiamo solo che un’imprenditore edile rischia di essere controllato una volta ogni 20 anni. Tutto questo non è più tollerabile. Per questo chiediamo da tempo un intervento organico con il rafforzamento del sistemi ispettivi e delle sanzioni, l’introduzione dell’aggravante lavoro sull’omicidio colposo e regole che contrastino ogni forma di irregolarità».