Come funziona la produzione dei vaccini mRNA anti-Covid19 e perché non è affatto semplice
Con l’apertura del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a una sospensione dei brevetti riguardanti i vaccini di nuova generazione, ci si chiede se sussistano nei vari Paesi le strutture necessarie alla produzione autonoma. Forse si dovrebbe ragionare in merito a un coordinamento tra nazioni, e l’Unione europea da questo punto di vista potrebbe avere la carte in regola. Basta seguire la produzione dei vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna per accorgerci di quante aziende, soprattutto svizzere, tedesche e francesi, potrebbero sopperire alle varie fasi – e già lo fanno – in supporto alla produzione dei due vaccini citati.
La Germania della BioNTech è forse il paese europeo messo meglio in termini di autonomia. I più maligni potrebbero accostare questo allo scetticismo di Angela Merkel riguardo alla sospensione dei brevetti. L’articolo non esplorerà tutti i tipi di vaccini contro il nuovo Coronavirus. Esistono per esempio i vaccini a vettore virale, come quelli di AstraZeneca e Johnson & Johnson, che si avvalgono di appositi adenovirus. L’importante è farci un’idea della complessità di mezzi e risorse che entrano in gioco.
Come funzionano
SARS-CoV-2 è dotato di appositi antigeni (proteine Spike S) che utilizza per infettare le cellule. Questi a loro volta sono il bersaglio del nostro sistema immunitario che riconoscendoli impara a sviluppare gli appositi anticorpi. Nel contesto della Covid-19 i vaccini simulano la presenza del virus attraverso i soli antigeni. Quelli di nuova generazione raggiungono lo scopo attraverso due metodi: vaccini a mRNA e a vettore virale. Entrambi trasportano l’informazione genetica necessaria a far produrre alle cellule i soli antigeni. Si tratta di nuove tecnologie, anche se non proprio inedite, per le quali sono ancora vigenti dei brevetti, questo comporta delle limitazioni, che in un contesto pandemico limitano notevolmente la capacità di diversi Paesi di approntare piani vaccinali tempestivi ed efficaci.
Ma anche ammettendo che tutte le aziende biotecnologiche facciano come Moderna, sospendendo la facoltà di avvalersi dei loro diritti almeno per le aziende che volessero usare la propria tecnologia esclusivamente per far fronde alla Covid-19, siamo sicuri che tutti abbiano le attrezzature adeguate e pienamente funzionanti per la produzione di questo genere di vaccini?
La catena di produzione
Prendiamo i vaccini a mRNA, in particolare quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna, che presentano caratteristiche simili. Si deve partire da uno stampo di DNA per arrivare a produrre l’RNA messaggero, pienamente in linea col «dogma» centrale della biologia. Dal DNA si arriva all’RNA, il quale a sua volta produce determinate proteine. Il BNT162b2 mRNA di Pfizer viene quindi prodotto partendo da anelli di DNA chiamati plasmidi. Attraverso una tecnica nota come «elettroporazione» si inseriscono i frammenti di informazione genetica nei batteri Escherichia coli, questi verranno lasciati moltiplicare per diversi giorni in colture ricche di sostanze nutrienti. In questo modo sarà possibile estrarre numerose copie della sequenza di DNA.
Tra le aziende che si occupano della produzione di appositi frammenti di DNA c’è la svizzera Lonza a cui si affida la stessa Moderna. Non solo, la società elvetica può anche adempiere al passaggio successivo, che prevede la traduzione in mRNA. Dopo un passaggio in cui viene verificato che le copie di codice genetico sono corrette si deve ottenere il corrispondente mRNA. Questo costituisce la parte più innovativa della catena di approvvigionamento, in un settore ancora molto giovane.
La produzione prevede che i frammenti di DNA entrino in contatto coi nucleoditi che costituiranno la nuova sequenza di mRNA. Enzimi noti come RNA polimerasi che possono leggere la sequenza stampo di DNA per trascriverla, assemblando i nucleotidi; tutto questo deve essere fatto seguendo metodi che preservino il prodotto finale dalla degradazione. Questi passaggi avvengono materialmente in appositi bioreattori, come quelli della BioNTech in Germania.
Ma il nostro sistema immunitario non sa che quei frammenti di RNA messaggero servono per proteggerci e tenderebbe ad attaccarli. Occorre quindi “travestire” l’mRNA sostituendo ogni lettera U (Uracile) con un’altra sintetica definita “pseudouridilile”. Esistono aziende che li producono appositamente, per esempio TriLink e Jena Biosciences, mentre BioNTech e Moderna fanno da sole attraverso una collaborazione dell’Università della Pennsylvania.
Altre cose invece non è possibile produrle da sé. Per esempio, è necessario proteggere l’mRNA dalla degradazione delle sue estremità. La già citata TriLink è leader nel settore, insomma nella produzione di «tappi» genetici che «coprano» le estremità della macromolecola. Anche in Europa abbiamo un’azienda capace di sopperire a questa esigenza, la tebu-bio, partner europea di TriLink. BioNTech in particolare fa riferimento al «tappo trinucleotidico TriLinks». Ma l’RNA messaggero non può certo viaggiare senza una protezione, è piuttosto fragile, quindi necessita di essere alloggiato in una capsula lipidica.
La Germania è all’avanguardia anche nella gestione di questa fase, con l’azienda CordenPharma, che ha un accordo con Moderna. Esistono appositi stabilimenti anche a Liestal in Svizzera e a Chenove in Francia. Tutte queste fasi comportano apposite strumentazioni e coinvolgono diverse aziende. E il viaggio è appena cominciato, perché poi occorre confezionare i lotti in apposite fiale e stoccarli in appositi refrigeratori. Si tratta del cosiddetto fill-and-finish. La purificazione e successiva concentrazione in fiale in Europa viene svolta da diverse aziende, come Rentschler Biopharma, a Laupheim in Germania.
Immagini da Freepik (1–2–3–4–5–6)
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