Migranti, la lettera delle Ong a Draghi resta (per ora) senza risposta. Msf: «In Libia centri di detenzione al collasso»
Quest’anno almeno 500 persone sono già morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, rispetto alle circa 150 vittime registrate nello stesso periodo del 2020. I numeri, sempre spietati ma chiari, arrivano dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Da Lampedusa ne arrivano altri: nelle ultime 24 ore ci sono stati 20 sbarchi, che hanno portato sull’isola siciliana 2.128 persone. E il governo Draghi, in vista di un’estate che si annuncia particolarmente calda sul fronte delle migrazioni, ha deciso di mettere in piedi una cabina di regia per affrontare il dossier insieme a tutti i ministri coinvolti: Interno, Esteri, Difesa e Trasporti. Oggi la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, ha avuto un colloquio con la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che ha ringraziato l’Italia per il suo impegno sui flussi e ha riconosciuto che l’Europa deve dare un segnale di «solidarietà».
Ma il dossier non riguarda solo gli sbarchi. All’instabilità nel Sahel meridionale – in Ciad governo e parlamento sono stati sciolti dopo l’omicidio del presidente Idriss Déby e il potere è passato nelle mani di un Consiglio militare guidato da suo figlio – si aggiungono le difficoltà che il nuovo premier libico, Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, sta incontrando nel favorire il processo di riconciliazione nazionale. Proprio a Tripoli, il 6 aprile scorso, il premier italiano Mario Draghi ha compiuto il suo primo viaggio all’estero: «Noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa, per i salvataggi, e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia», ha detto Draghi in quell’occasione. Ma i fatti più recenti indicano che la soddisfazione non è reciproca. Buona parte della Libia è ormai sotto controllo turco e il 6 maggio una delle motovedette donate dal nostro Paese alla Guardia costiera libica ha sparato su tre pescherecci italiani, mentre l’ondata di sbarchi a Lampedusa testimonia come il controllo delle coste sia quantomeno inefficace.
Benvenuti (Msf): «Prima della redistribuzione vengono i soccorsi in mare e l’allargamento delle possibilità di uscire legalmente dalla Libia»
Fonti di governo dicono che è ancora troppo presto per sapere se Draghi porrà con forza il tema dei migranti in sede europea. In attesa del rinnovo del mandato di Frontex e della definizione del Patto su immigrazione e asilo, Roma punta a far ripartire da subito almeno l’accordo di Malta, ovvero il meccanismo di solidarietà volontaria per redistribuire in Europa i migranti che sbarcano nei Paesi costieri, sospeso a causa della pandemia di Coronavirus. «Ma prima della redistribuzione vengono i soccorsi in mare e l’allargamento delle possibilità di uscire legalmente dalla Libia», fa notare a Open Bianca Benvenuti, advocacy manager della missione Libia/SAR di Medici senza frontiere, che tra novembre 2020 e febbraio 2021 è entrata nei centri di detenzione per migranti controllati dal governo di Tripoli, dove sono ammassate centinaia di persone.
Aggiunge Benvenuti: «Le condizioni nei centri continuano a essere disumane. Medici senza frontiere, così come altre organizzazioni internazionali, ha avuto accesso solo alle strutture ufficiali, ma sappiamo che in quelle non ufficiali le condizioni sono anche peggiori». Nei primi tre mesi del 2021 «il numero dei migranti detenuti è aumentato drasticamente a causa delle persone riportate indietro dalla Guardia costiera libica». E in alcuni centri in cui Medici senza frontiere lavora «il sovraffollamento è arrivato anche a tre persone al metro quadro». Le strutture sono fatiscenti, molte celle non hanno nemmeno le finestre ed è difficile persino avere accesso al cibo e all’acqua potabile. «Ci siamo inoltre ritrovati a trattare ferite troppo fresche per essere avvenute prima del trasferimento dei migranti nei centri, pensiamo quindi che siano dovute alle violenze inflitte al loro interno», precisa ancora Benvenuti.
La recente ondata di sbarchi a Lampedusa non dipende da un allentamento dei controlli
La recente ondata di sbarchi a Lampedusa, tuttavia, secondo Medici senza frontiere non dipende da un volontario allentamento dei controlli da parte della Guardia costiera libica, finalizzato ad alleggerire la pressione: «Non crediamo che ci sia una correlazione diretta tra livello di intercettazione e sovraffollamento, perché purtroppo il sistema di detenzione arbitrario libico ha una grande capacità. Non tutti i migranti riportati indietro finiscono nei centri ufficiali, spesso semplicemente spariscono dalla circolazione. E molti vengono rinchiusi nei centri non ufficiali, che possono essere aperti o chiusi in qualsiasi momento».
Come si spiega quindi l’improvviso aumento degli sbarchi? Risponde sempre Benvenuti: «Da inizio 2021 il flusso di migranti dalla Libia è aumentato, così come è aumentato il numero delle persone riportate indietro. Secondo noi, ma a dirlo sono anche le Nazioni unite, la causa principale è l’instabilità della stessa Libia». A causa della pandemia, inoltre, «sono calate le operazioni di rimpatrio assistito e anche i resettlement sono diminuiti, quindi per le persone che rimangono bloccate sull’altra sponda del Mediterraneo l’unica opzione che rimane è riprendere il mare».
Msf: «Se compariamo i primi cinque mesi del 2021 con l’anno precedente, possiamo comunque concludere che le partenze stanno aumentando»
Medici senza frontiere non ha visibilità sugli arrivi in Libia dai Paesi limitrofi e quindi non sa dire quanto possa pesare anche l’instabilità degli Stati vicini. Per quanto riguarda le partenze, i dati degli ultimi 10 anni indicano il variare delle condizioni meteorologiche come principale fattore scatenante: «Senza dubbio le partenze si concentrano quando il mare lo consente, è sempre stato così. Ma se compariamo i primi cinque mesi del 2021 con l’anno precedente, possiamo comunque concludere che le partenze stanno aumentando. In Libia la pandemia ha avuto un fortissimo impatto economico e i migranti vengono additati come untori. Anche questo può giocare un ruolo».
In ogni caso, Benvenuti si è detta «molto sorpresa» che il premier Draghi abbia usato la parola «salvataggi» per descrivere le attività della Guardia costiera libica: «Per Medici senza frontiere, ma anche per altre organizzazioni internazionali e per le stesse Nazioni unite, la Libia non è un porto sicuro. Non sappiamo più come dirlo. La Guardia costiera di Tripoli fa un’attività di intercettazione e respingimento e non crediamo che ci si possa complimentare per questo». Al momento, la presidenza del Consiglio non ha ancora risposto alla richiesta di incontro urgente che Open Arms, Msf, Alarm Phone, Emergency, Mediterranea, ResQ-People saving People, Sea Watch e Sos Mediterranee hanno inoltrato il 26 aprile, dopo il naufragio al largo della Libia in cui sono morte 130 persone. Per due giorni i migranti avevano lanciato invano richieste d’aiuto. Ma la speranza, conclude Benvenuti, è comunque quella di riuscire ad aprire «un’interlocuzione con il governo, per portare sui tavoli istituzionali le nostre proposte e le nostre osservazioni sul Mediterraneo centrale».
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