Caso Report, la testimone inviò il video Renzi-Mancini al Fatto a dicembre. Gomez: «Perso tra le mail. Mi piange il cuore»
«Non finisce qui. La signora custodisce come una reliquia il video per quattro mesi», queste le parole di Matteo Renzi riportate il 4 maggio da AdnKronos. Secondo il leader di Italia Viva pareva strano che la «professoressa», testimone di Report e autrice del video che lo ritraeva con l’agente dei servizi segreti Marco Mancini, avesse aspettato così tanto tempo per inviare il video alla redazione di Sigfrido Ranucci. Il 5 maggio, il giorno dopo, il conduttore del programma Rai pubblica una email in cui la signora risponde al senatore: «Non ho custodito il video anzi, in data 31/12, ho inviato il materiale alla redazione web di un giornale nazionale che non mi ha mai risposto né tantomeno contattato». Il giornale in questione è Il Fatto Quotidiano.
La trasmissione andata in onda il 10 maggio non era in diretta, siccome le puntate vengono registrate giorni prima della messa in onda. Le riprese risalgono a sabato 8 maggio, dopo la presentazione della denuncia contro la signora da parte dei legali di Matteo Renzi. Nel servizio avevano oscurato il cellulare della professoressa, evitando così di mostrare l’email inviata al giornale evitando di citarlo del tutto, ma il giorno prima Peter Gomez, durante la diretta streaming de Il Fatto Quotidiano, aveva tristemente ammesso di aver ricevuto e perso l’email tra le tante giunte a capodanno: «È veramente una roba che mi fa piangere il cuore», afferma il direttore della redazione online.
Un’informazione che era già nelle mani di Report fin dalla prima email inviata dalla signora: «Lo so dal 13 aprile, giorno in cui ci ha scritto, che aveva mandato mail al Fatto», risponde Ranucci a Open. «Era una delle prove che avevo chiesto per fare una ricostruzione esatta». Non è l’unica prova che il conduttore e gli autori di Report aveva chiesto alla signora: «Mi sono accertato che lei insegnasse, che lei insegnasse in quella scuola. Mi sono accertato che ci fosse un titolo di viaggio tipo Telepass che confermasse che non stava li da tanto tempo. Mi sono accertato che il padre fosse in cura in qualche istituto per la leucemia e che quel farmaco potesse essere appunto scatenante a quel tipo di reazioni. C’è stato dietro un lavoro fatto in una certa maniera».
«Abbiamo diverse caselle email dove i lettori e chiunque ci mandano segnalazioni di vario tipo. Sono caselle email strapiene di roba, non siamo organizzati si e no per vedere tutto e vengono viste molto velocemente», introduce Peter Gomez durante la diretta streaming del 7 maggio. «Bene, il 31 dicembre di quest’anno, quindi, un momento in cui la redazione era ancora più in sotto organico e ancora più “festaiola” del solito, ma di questo ce ne siamo resi conto settimana scorsa quando il servizio di Report era già andato, ci era arrivata una email e anche a noi erano arrivate le foto di Renzi con Marco Mancini».
«Io devo dirla tutta, guardando le foto, se non mi avessero detto a Report che quello era Marco Mancini, avendolo incontrato più di 15 anni fa, io non lo avrei riconosciuto e probabilmente alla fine non le avremmo nemmeno pubblicate», ammette Gomez. «Le foto e il filmato di Renzi che incontra uno che non sai chi è – conclude – richiede un grande lavoro: loro avevano la fortuna di aver lavorato su Tavalori (Giuliano Tavaroli, ex agente segreto condannato per dossieraggio nello scandalo Telecom ndr) e Mancini per le questioni che riguardavano il Vaticano, quindi sono stati in grado di riconoscerlo».
Quel materiale, mostrato a Report e richiesto nella querela presentata alla Questura di Firenze, risulta dunque essere in mano anche della redazione de Il Fatto Quotidiano e rispondere al «complotto dei 4 mesi». A questo punto manca solo un incontro tra la signora e Matteo Renzi, siccome la stessa si sarebbe resa disponibile, per chiudere la faccenda.
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