Prosegue lo scontro tra M5s e associazione Rousseau, Casaleggio: «Su di noi 10 fake news, ci devono mezzo milione di euro»
Mentre Giuseppe Conte si affida al Garante della privacy per avere l’elenco degli iscritti al M5s e consumare definitivamente il divorzio da Davide Casaleggio, l’associazione Rousseau pubblica sul Blog delle Stelle la replica a quelle che considera «le dieci fake news» diffuse ieri su Facebook dagli stessi pentastellati, attraverso la pagina ufficiale del Movimento. La prima di queste falsità sarebbe la contrarietà dell’associazione Rousseau alla rifondazione del M5s, «tanto da provare a frapporre ostacoli a questo nuovo percorso costituente».
Ma secondo Rousseau non è così, perché l’associazione presieduta da Casaleggio non avrebbe «mai mostrato alcuna contrarietà ad alcun progetto politico, anche solo semplicemente perché di questo progetto politico nessuno sa nulla, dal momento che non vi è stato alcun percorso partecipativo con attivisti e iscritti e non si conoscono quindi i contenuti: verrà violato il limite dei due mandati? Le candidature saranno dal basso o imposte sui territori da una segreteria? Le eventuali alleanze da chi saranno scelte? Verranno presi i finanziamenti pubblici? Verrà rispettato il programma elettorale votato su Rousseau?». Tanti punti interrogativi che suonano come altrettante accuse nei confronti di Conte e del suo progetto politico.
Al centro del braccio di ferro, com’è noto, ci sono i nomi degli iscritti al M5s, ovvero i dati della base. Secondo l’ex premier e leader in pectore del partito, Rousseau è obbligata per legge a consegnarli al Movimento, che ne è «l’unico e legittimo titolare». Casaleggio però la pensa in modo opposto, ritenendo che fornire i dati degli iscritti in queste condizioni sia contro la legge, perché significherebbe comunicarli a un soggetto terzo, diverso dal rappresentante legale del M5s, in violazione delle norme sulle privacy che puniscono la diffusione illecita di dati personali oggetto di trattamento su larga scala. Per Conte, tuttavia, in questo momento il rappresentante legale del M5s è Vito Crimi, capo politico ad interim a seguito delle dimissioni di Luigi Di Maio, e dunque il problema non si porrebbe.
Il M5s, nel post su Facebook “incriminato” e oggetto delle repliche dell’associazione Rousseau, scriveva ieri che «i tentativi conciliativi sono stati numerosi, ma non hanno avuto esito positivo». Per Casaleggio, tuttavia, la verità è un’altra: «Rousseau ha inviato ad agosto 2020 un accordo con il M5s che si è rifiutato anche di discutere. Nei pochissimi incontri (e non numerosi) avvenuti successivamente sono state presentate proposte contrastanti e poi smentite da più persone senza arrivare ad alcuna soluzione concreta e condivisa».
Poi l’affondo sul lato economico di tutta la vicenda. Al M5s che sostiene di essere arrivato «persino a proporre all’associazione Rousseau di potere effettuare un’ultima votazione, pagando un corrispettivo specifico», Rousseau risponde con durezza: «Chiedere di fare un’ultima votazione e “persino” di essere disposti a pagarla, dopo aver usufruito di mezzo milione di euro in servizi senza invece averli pagarli (sic), è un pò come andare da un falegname e dirgli, dopo aver arredato tutta la propria casa con i mobili da lui fatti e mai pagati, se può fare un ultimo tavolino che gli verrà pagato e pensare che questo pagamento varrà per tutti i mobili della casa! Diciamo che è un modo di considerare il lavoro delle persone sufficientemente “creativo”, da non meritare ulteriori commenti».
Rousseau sottolinea inoltre che il M5s non ha pagato la creazione della piattaforma, ma «ha pagato servizi che ha ricevuto come la certificazione delle liste, le gestione delle candidature, il pagamento delle cause legali, la scuola di formazione, la gestione del Blog delle Stelle, l’assistenza agli iscritti, la possibilità di poter presentare proposte di legge ai cittadini, le votazioni per decine di servizi attivi». Un’infrastrutture digitale che avrebbe consentito al M5s di «gestire tutta la sua organizzazione con un bilancio di 1,3 milioni di euro all’anno contro i 12 milioni annui del Pd, gli 8 milioni della Lega o i 2,6 milioni impiegati da Fratelli d’Italia (fonte: bilanci 2018)».
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