«All’inizio sembrava non volesse…». La chat degli amici di Ciro Grillo, l’arma a doppio taglio nelle mani sia dell’accusa che della difesa
«Che è successo?», «É stato forte», «Poi ti dico fra’, so stanchissimo», «Com’era?», «Mah, niente di che», «All’inizio sembrava che non volesse». Questo è il contenuto di alcuni messaggi che i quattro ragazzi, tra cui il figlio di Beppe Grillo, Ciro, si sarebbero scambiati nelle ore successive allo stupro. Per loro non era altro che una notte di sesso sfrenato, poi rivelatasi una violenza di gruppo nei confronti di una 19enne, secondo l’inchiesta della procura di Tempio Pausania. Quelle parole, adesso, rischiano di essere un’arma a doppio taglio. Una chat che accusa e difesa cercheranno di interpretare per far prevalere l’una o l’altra ragione. Sesso consenziente, secondo i quattro ragazzi, una violenza brutale secondo la giovane vittima.
Un divertimento per loro, un incubo per la vittima
«Lei ci stava e ha bevuto da sola un quarto di bottiglia di vodka che era allungata con lemon», dicono loro. Per Silvia, invece, che oggi ha 21 anni e che sarebbe stata violentata in Costa Smeralda il 17 luglio 2019, le cose non sono andate affatto così. La giovane vittima, infatti, sarebbe stata costretta a bere per poi essere abusata dai ragazzi presenti. Silvia non riusciva a opporre resistenza, dunque non si sarebbe mai potuta sottrarre a quella violenza di gruppo cominciata, sempre secondo il suo racconto, con Francesco che l’avrebbe portata prima nella camera da letto e poi in bagno.
La paura di essere stati denunciati
«Ho paura che quella ci ha denunciato», continuano loro, consapevoli dunque che quella notte erano andati ben oltre. Nonostante questo, però, avrebbero continuato a vantarsi parlando con gli amici del «3 vs 1», di un sesso sfrenato in perfetto stile YouPorn. Un divertimento per loro, un incubo per la ragazza. Un trofeo per Ciro, Edoardo, Vittorio e Francesco, una violenza di gruppo per Silvia, rimasta da sola visto che l’amica, Roberta, stava dormendo.
Stupro o sesso consenziente?
In Italia ogni anno vengono denunciati circa 4mila stupri. Dati preoccupanti che, in realtà, non fotografano la realtà visto che il numero di violenze rischia di essere ben più alto. C’è ancora paura a raccontare tutto, a rivivere quel dolore e soprattutto c’è il timore di doversi sottoporre a un processo dove dimostrare che non ci sia stato consenso non è sempre così semplice. Nel nostro Paese, infatti, si parla di «dissenso implicito» quando la vittima ha subito minacce o percosse prima del rapporto, quando ha pianto oppure quando è sotto effetto di alcol o droghe. In tutti questi casi, non essendo perfettamente lucida, si trova in condizioni di inferiorità psichica che non le permettono di scegliere liberamente se avere un rapporto sessuale consenziente.
L’aggravante, però, è prevista nel caso in cui il presunto violentatore abbia fatto ubriacare o drogare una ragazza per approfittarsene. La pena è aggravata di un terzo. Non è prevista l’aggravante, invece, nel caso in cui abbia assunto droga o alcol in maniera volontaria ma nulla esclude che la vittima non possa, una volta tornata lucida, andare a denunciare il fatto. Non si possono nemmeno accampare scuse come «l’ho accompagnata a casa dopo il rapporto sessuale» o «ci siamo scambiati dei messaggi» o – come è accaduto in questo caso – «ha denunciato dopo tanto tempo».
Il fatto che abbia raccontato la violenza dopo mesi non significa assolutamente nulla e, dunque, non incide sull’attendibilità del suo racconto. Infine, non sono previste attenuanti, nel caso di violenza di gruppo, quando non si è compiuto l’atto ma si è stati compartecipi della violenza, quando lo stupro è avvenuto nella propria abitazione e non lo si è impedito e quando si è stati spettatori del rapporto sessuale non consenziente.
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