Sempre più giovani donne soffrono di disturbi gastro-intestinali: «Non è solo stress, servono diagnosi accurate»
«Non è nevrosi e neanche suggestione psicologica. I dolori allo stomaco e i frequenti disturbi all’intestino che attualmente affliggono i due terzi della popolazione italiana sono patologie a tutti gli effetti che meritano di essere approfondite e curate». Così il professor Giovanni Barbara, docente di Gastroenterologia all’università di Bologna e presidente della Società europea di Neuro-Gastro-Enterologia e Motilità (ESNM) spiega ad Open le difficoltà di diagnosi incontrate dai pazienti che combattono con sintomi spesso sottovalutati, facendo luce soprattutto sugli stereotipi subìti dalle categoria delle giovani donne. «Vengono etichettate come troppo nervose o addirittura nevrotiche, senza una vera sintomatologia ma solo con qualche problema a lavoro o con il fidanzato, quando invece sono quelle che più di tutti soffrono di reali disturbi. Dalle difficoltà digestive al colon irritabile, da reflusso gastroesofageo alla dispepsia, le diagnosi mediche continuano a sottovalutare sintomi e cause».
Professor Barbara in che misura i disturbi dell’apparato gastro intestinale riguardano soprattutto le giovani donne e perché è così facile che vengano sottovalutati dagli stessi medici?
«Parliamo di sintomi che in generale colpiscono la fascia d’età più giovane, si parla di soggetti dai 20 ai 35 anni. Basti pensare che negli over 60 l’incidenza è intorno al 5%. Tra i giovani, la popolazione femminile soffre di disturbi dell’apparato digerente almeno 3 volte di più rispetto a quella maschile. Per ogni maschio affetto da intestino irritabile per esempio ci sono 3 donne che ne lamentano i sintomi acuti. Si parla di sintomi addominali ma anche disturbi multisistemici: fibromialgia, patologie della sfera uroginecologica, cistiti frequenti, rapporti sessuali dolorosi in genere presenti in almeno il 20% delle donne affette da intestino irritabile.
Sulla difficoltà di diagnosi conta molto il fatto che spesso si tratta di sintomi per cui vengono indicati esami comuni come ecografie, gastroscopie o endoscopie i cui esiti sono in grado di far capire ben poco. E così risulta facile per il medico delineare uno scenario di malattia presente solo nella testa, dovuto allo stress, o all’ansia. Stereotipi di cui le giovani donne sono particolarmente vittime ipotizzando problemi con il fidanzato o particolari stress in famiglia. Da lì le pazienti vengono etichettate come nevrotiche senza un reale intervento medico».
E invece di cosa si tratta?
«Di sintomi frequenti, spesso anche cronici, tra i quali allergie non riconosciute, alterazioni della flora batterica intestinale, intolleranze a glutine o altri elementi della dieta, fragilità della barriera intestinale che nella donna si aggiungono a meccanismi propri dell’organismo femminile, diversi quindi da quelli maschili. Gli ormoni sessuali per esempio hanno un’influenza notevolissima sulle funzioni digestive. I disturbi gastro-intestinali sono molto accentuati durante il ciclo mestruale. Pienezza, senso di nausea, mal di stomaco, cattiva digestione sono condizioni che la medicina oggi sta indagando con approcci diagnostici avanzati. La letteratura scientifica degli ultimi 10 anni ha dimostrato come le cause di quello di cui stiamo parlando non è certo nella testa delle pazienti o meglio non esclusivamente».
In che senso “non esclusivamente”?
«Nel senso che il cervello ha un ruolo in tutto questo ma non quello superficiale che spesso viene raccontato dalle diagnosi più svelte. Esiste un collegamento detto “asse cervello-intestino“, una connessione tra sistema nervoso centrale e il sistema nervoso enterico, quello della nostra pancia, attraverso il quale vengono scambiate delle informazioni. Il nesso tra questi due mondi comincia dai primi giorni dell’infanzia quando perfino nascere da un parto cesareo piuttosto che da un parto vaginale può fare la differenza. O ancora non essere allattate al seno. Soprattutto nelle giovani poi i cambiamenti repentini di stili di vita spesso portano a un collegamento disturbato tra i due “cervelli”. Dal frequente cambio di diete all’evoluzione in ambito lavorativo o formativo».
Alcune dunque sono cause molto radicate nel periodo della crescita e dello sviluppo. Come poter intervenire da adulte?
«Dobbiamo innanzitutto considerare il fatto che si tratta di patologie ad ampio spettro: da sintomi transitori e più lievi a sintomi cronici che addirittura possono portare alcune pazienti ad avere il terrore di uscire di casa per la difficoltà di gestire i sintomi. Ci sono donne che non escono se non sono sicure ad esempio di aver un posto dove poter trovare un bagno nel percorso per andare a lavoro. Sintomi e disagi finora sottovalutati ma che per fortuna in questo momento cominciano ad essere più considerati dalla scienza.
Per i sintomi più lievi si può sicuramente iniziare intervenendo sullo stile di vita. Per questo tipo di patologie il cibo per esempio ha una grande importanza, alcuni alimenti possono infatti peggiorare di molto la sintomatologia. Da evitare saranno quindi tutte le sostanze altamente fermentabili che venendo a contatto con la flora batterica producono gas dannosi per l’intestino. Rientrano in questa categoria alcuni tipi di frutta come mele e ciliegie, verdura come cipolla o aglio, cereali come la pasta.
Per una sintomatologia importante o disturbi cronici le terapie degli ultimi anni hanno fatto passi in avanti. In passato gli interventi erano esclusivamente sintomatici, cioè curavano sintomi già sviluppati non agendo sulla prevenzione delle possibili cause. Oggi siamo nella fase in cui la terapia è diventata causale. Esistono farmaci che possono modificare i meccanismi che sono alla base della sintomatologia. Alcuni agiscono sul microbiota, e cioè su quell’insieme di batteri, funghi e virus buoni presente nell’intestino. Altri agiscono sulla barriera intestinale che deve proteggerci da eventuali agenti patogeni in entrata. E poi ancora antibiotici non- assorbibili, fino al trapianto dello stesso microbiota intestinale, una via sperimentale che sta avendo successo».
Come non sentirsi dunque delle “malate immaginarie” quando il medico ci dice che dall’ecografia è tutto a posto ma i sintomi persistono?
«Ribadendo a se stesse intanto di non sottovalutare mai quello che si avverte e quindi di insistere nella pretesa di una diagnosi più approfondita, rivolgendosi a medici e centri specializzati in questi disturbi. Un approccio fondamentale che nella pratica potrebbe avere risvolti importanti anche per riuscire ad escludere ulteriori patologie come celiachia o malattie infiammatorie croniche intestinali. Da parte degli operatori sanitari invece credo sia fondamentale iniziare ad ascoltare maggiormente le pazienti, a garantire una diagnosi attenta per evitare che i sintomi lievi possano degenerare in una cronicizzazione. Fatta la diagnosi è poi importante rassicurare sul sostegno che la scienza medica è in grado di fornire a questo tipo di disturbi che, nonostante vengano sottovalutati, condizionano enormemente la quotidianità di ogni giovane donna».
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