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Da «Io la cavia non la faccio» a «Così salvo l’adolescenza»: il fronte degli under 20 alle prese con il vaccino anti Covid

18 Maggio 2021 - 07:22 Giada Giorgi
C'è chi spera di vaccinarsi il prima possibile per tornare ad essere libero ma anche chi ha paura, chi parla di microchip. Cos'hanno imparato i giovani nei primi sei mesi di campagna? Un'indagine su Tik Tok

Nella staffetta accelerata di una campagna vaccinale ancora da chiudere, il testimone presto passerà a loro. I giovani, quelli finora tenuti fuori da somministrazioni e cure sperimentali perché meno colpiti dalla forma grave del virus, saranno fondamentali quanto tutte le altre categorie per impedire che la diffusione di Covid-19 continui, magari anche in forme più minacciose. Ed è per questo che mentre Nicola Zingaretti annuncia un Open day per tutti i maturandi della Regione Lazio presto vaccinati, la ministra delle politiche giovanili Fabiana Dadone prepara un piano educativo con tanto di tik toker e influencer chiamati a rapporto.

A poche settimane dal possibile via libera di Ema alle vaccinazioni per under 15 fino ai 12 anni, la domanda a cui finora non era stato necessario rispondere ora si fa urgente: cosa ne pensano i giovani del vaccino? Cosa hanno capito e assorbito in un anno e mezzo di pandemia? Il timore è quello di incorrere in atteggiamenti di indifferenza o ancora peggio in scetticismi nocivi al raggiungimento dell’obiettivo comune, così come è accaduto e continua ad accadere nel mondo “dei grandi”. Per capire che aria tira nel mondo invece degli adolescenti, Open si è immerso in una delle piattaforme più frequentate in assoluto dai teenager, Tik Tok, tra quelle che la stessa ministra Dadone ha dichiarato di voler sondare per la strategia di sensibilizzazione, riscontrando una spaccatura non poco evidente.

«Il corpo è mio e decido io»

«Io lo farò solo quando sarò obbligato, per adesso le cavie le lascio fare a voi» ; «Mio padre lavora in ospedale, ha detto che ti si potrebbe anche immobilizzare una parte del corpo»; «”Il corpo è mio e decido io” vale solo se si parla di aborto o eutanasia?». A scrivere sono Simone, 16 anni, Antonella, 15 anni, e Beatrice, 18 anni. Commentano il post di una giovane dottoranda in medicina che ha deciso di raccontare la sua prima iniezione di vaccino anti Covid con un video sui social. Insieme ai tre altri migliaia, più di 3mila, che rispondono e si confrontano su uno dei temi più discussi degli ultimi sei mesi.

Come questo altre decine di video in cui la spaccatura appare evidente. Se da un lato l’argomento sembra fortunatamente non lasciare indifferente, dall’altro il fronte dei no vax o semplicemente degli scettici sembra non mancare neanche tra i più giovani. Le argomentazioni sotto i video fatti sul tema ricalcano la scia dei principali cavalli di battaglia sostenuti dalle piazze no vax degli ultimi mesi, e che a quanto pare una fascia di giovani ha assorbito. «Complimenti – dice Monia, 17 anni sotto il post di una coetanea -, ecco un’altra cavia da sperimentazione». «Gli altri vaccini sono studiati da anni. Il vaccino anti Covid è stato fatto in un anno circa, non mi fido», scrive Mirko di 16 anni, a cui fa eco Vania di 13: «I vaccini si preparano in 10 anni massimo, non in 1».

Tempi dubbi di sperimentazione, vaccini di Serie A e di serie B, complotti politici, microchip innestati, rischi tragici per la salute, tra le idee dei più giovani c’è anche tutto questo, nello specchio riflesso di un’educazione familiare e sociale che sembra non aver sempre fatto un buon lavoro. «Boh raga io non rischierei di prendermi potenzialmente malattie degenerative per non prendere il Covid che non mi ha fatto nulla», dice un altro giovane utente.

«Mi hanno offerto il vaccino due volte ma ho rifiutato»

Tra i commenti #novaccino c’è anche Natalia. 19 anni, volontaria in Croce Rossa e caregiver del padre, affetto da patologia grave. «Mi hanno proposto di fare il vaccino tre mesi fa come volontaria della Croce Rossa, e due settimane fa di nuovo, come persona vicino a mio padre malato. Ho rifiutato in entrambe i casi perché non mi fido». La giovane racconta la decisione presa, sottolineando come il fatto di dover ricevere Astrazeneca l’abbia convinta ancor di più a tirarsi indietro.

«Il vaccino non rende immuni, non ci rende davvero liberi, dovremmo comunque continuare a mantenere le mascherine e a rischiare di essere contagiati» argomenta Natalia spiegando a Open tutto quello che in sei mesi di campagna vaccinale dichiara di aver imparato. «In Germania hanno sospeso il vaccino per i morti avuti. Se succede questo un motivo dovrà pur esserci. E chissà quanti morti ci sono che non ci hanno detto per non farci spaventare».

Per quello che riguarda la sua famiglia, Natalia racconta di condividere la sua posizione no vax con il padre e una delle due sorelle. «L’altra pensa che vaccinandosi potrà tornare a essere libera ma non ha capito che non sarà così» continua Natalia. Come volontaria della Croce Rossa la 19enne non ha più potuto partecipare all’attività di servizio per i tamponi: «Hanno voluto evitare il pericolo e io ho accettato», racconta, sottolineando come l’argomento sia ormai motivo di discussione tra colleghi ed amici. «Anche su Tik Tok se ne parla moltissimo», spiega, in un confronto tra adolescenti che sembra essere più che mai aperto.

«C’è chi si fida, chi invece no soprattutto per le modalità e i tempi brevi della sperimentazione», aggiunge la giovane. «Un vaccino normale viene testato generalmente dai 3 ai 6 anni, come possiamo fidarci di questo?», si domanda. Parla con sicurezza di iter sperimentali, dichiarando di informarsi soprattutto attraverso internet «e molto anche da tv e telegiornali». Così fa anche la maggior parte dei suoi amici, «convintissimi anche loro di non vaccinarsi».

«Ma quando c’è stata tutta questa regressione?»

A rispondere allo scetticismo di Natalia e di quelli che la pensano come lei c’è il fronte dei #sialvaccino, così come recita l’hashtag che i ragazzi favorevoli al rimedio anti Covid usano spesso. «È così difficile per un italiano medio capire che il detto “il corpo è mio e decido io” vale solo quando la scelta non mette a rischio vite altrui?», scrive Celeste di 16 anni. «Sì al vaccino. È l’unica speranza e da adolescente voglio ritornare a vivere, non ce la faccio più a vedere le persone che stanno male», aggiunge Andrea di 14. L’urgenza di educare alla vaccinazione allora si fa strada non solo tra gli adulti ma anche tra quei giovani fiduciosi nelle indicazioni delle scienza.

«Ma quando c’è stata tutta questa regressione?», si chiede Gabriella, 18 anni, rispondendo alle opinioni scettiche dei suoi coetanei. «La convinzione di aver letto qualche articolo e saperne quanto la comunità scientifica è imbarazzante». C’è chi scrive che il problema è la poca educazione ricevuta su temi così importanti: «La scuola italiana ti prepara scarsamente su tutto e questo dà il diritto ad alcuni di pensare di saperne perché si legge mezza parola in più su un determinato tema». La consapevolezza di dover trovare un equilibrio tra i numerosi input quotidiani di parenti, amici, televisioni e social per alcuni diventa forte, così come la delusione nel dover lottare contro chi mette un muro: «Il terrorismo psicologico mediatico ha portato a questo. Gente che non si fida più della scienza. Non so se essere più arrabbiata o delusa» conclude Eleonora di 21 anni nel suo lungo commento.

La spaccatura anche nei dati

Se tutta questa indecisione sarà influente anche sui numeri della campagna vaccinale è ancora tutto da verificare. Il governo si prepara ai possibili rischi mentre le risposte dai Paesi esteri sembrano non essere incoraggianti. Gli scienziati americani combattono con dati allarmanti in merito al rifiuto delle famiglie di far sottoporre i proprio figli alla somministrazione del vaccino anti Covid. Da qui iniziative come quelle del West Virginia: 100 dollari per ogni giovane che si convincerà a sottoporsi all’iniezione. Avvicinandoci a confini più prossimi, le percentuali registrate dalla Repubblica di San Marino ha nelle settimane scorse preoccupato gli esperti: le adesioni tra i 18 e i 40 anni arrivavano appena al 39%. Con un 42,1% dei vaccinati nella fascia 16-17, e solo il 26,9% di 18enni e 19enni.

Dati che preoccupano ma che al momento sembrano essere confortati da avvenimenti di opposta portata. Solo una settimana fa, durante l’Astra Day organizzato dall’Asl di Caserta, sono stati più di 7 mila i volontari over 18 che si sono fatti avanti, con un sold out raggiunto in poco meno di tre ore. Così come le vaccinazioni di massa effettuate nelle isole minori. Con l’obiettivo di favorire il turismo e di rendere le località Covid free, tutti gli over 18 sono stati chiamati alla somministrazione, ottenendo i risultati sperati.

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