Disforia di genere, dopo il vademecum per studenti ritirato nel Lazio, i licei chiedono linee guida. Ma c’è chi fa da solo
Le linee guida per tutelare gli studenti con varianza di genere, messe a punto dal Saifip e successivamente disconosciute dall’azienda ospedaliera San Camillo di Roma e dalla Regione Lazio, per certi aspetti sono già una realtà quotidiana al liceo classico “Bernardino Telesio” di Cosenza, dove «Dario è diventato Daniela». I nomi sono di fantasia, ma la storia è assolutamente reale. E secondo Antonio Iaconianni, preside dell’istituto calabrese, non è affatto una questione ideologica: «La definirei piuttosto un’esperienza felicissima. La scuola deve creare le condizioni migliori per favorire lo sviluppo dell’essere umano e forse anche la società inizia a essere matura sotto questo punto di vista».
A sentire chi sta già sperimentando alcune indicazioni contenute in quelle linee guida, quindi, le polemiche degli ultimi giorni sembrano venire da un altro pianeta. Per quanti non sapessero di cosa stiamo parlando, ecco un breve recap delle puntate precedenti. Il 14 maggio l’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha pubblicato sul proprio sito web un vademecum che illustrava le «strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere», ovvero di quei minori che «non si sentono a loro agio nel genere assegnato alla nascita sulla base del loro sesso biologico, oppure che non si conformano con le regole sociali che tale assegnazione suppone». Assieme alle linee guida c’era anche l’avviso di apertura delle iscrizioni per uno specifico corso di formazione destinato ai professori, della durata di quattro ore, che avrebbe dovuto tenersi a settembre. Ma nel giro di un paio di giorni tutto è precipitato.
Prima sono arrivate le proteste della Lega: «Giù le mani dai bambini e dagli adolescenti del Lazio», ha tuonato Tony Bruognolo, coordinatore del partito guidato da Matteo Salvini per la Provincia Roma Sud, accusando il governatore Nicola Zingaretti di essersi fatto promotore di «un’iniziativa che interessa i minori senza un preventivo confronto con le famiglie» e di aver «coinvolto solo le associazioni che portano avanti la teoria del gender». A lui si è unito Massimo Gandolfini, leader del Family Day, che ha chiesto di «ritirare subito le linee guida inviate dalla Regione Lazio all’Ufficio scolastico regionale, un documento intriso di ideologia che dà per scontate controverse teorie sulla fluidità dell’identità». È intervenuto anche il governo, con il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso (sempre della Lega) che ha attaccato l’Ufficio scolastico regionale, parlando di «inaccettabile apertura sulla questione relativa all’identità di genere».
E così la Regione guidata da Zingaretti, mentre in parlamento continua l’odissea del disegno di legge Zan contro l’omofobia, ha fatto marcia indietro: linee guida ritirate e corso di formazione sospeso. Anzi, secondo l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato (del Pd), «non esiste alcuna linea guida regionale sulla varianza di genere». Tant’è che «l’azienda ospedaliera San Camillo ha diffidato il Saifip per aver inviato all’Ufficio scolastico regionale, senza alcuna autorizzazione e con il logo dell’azienda ospedaliera», il documento “incriminato”. Il Saifip, contattato da Open per una replica, per ora è rimasto in silenzio.
Fin qui le polemiche. Ma davvero al liceo “Telesio” di Cosenza regna l’ideologia gender? L’istituto fa parte di un gruppo ristretto di scuole – la lista comprende anche il liceo artistico “Ripetta” di Roma, il liceo artistico di Latina, l’Itg “Cerboni” di Porto Ferraio, l’istituto comprensivo “Morosini” di Venezia e l’istituto comprensivo “Foligno 1” di Foligno – che facendo leva sull’autonomia organizzativa hanno deciso di adottare carriere alias per gli studenti trans. Di cosa si tratta? La carriera alias è una modifica della carriera reale dello studente o della studentessa, che consiste nell’assegnazione di un’identità provvisoria, transitoria e non consolidabile, che rappresenta l’anticipazione dei provvedimenti che si renderanno necessari al termine del processo di transizione.
OPEN | Le linee guida sulla varianza di genere messe a punto dal Saifip
Spiega il preside Iaconianni: «Innanzitutto abbiamo convocato i genitori di Dario per una chiacchierata riservata. Parlando con loro, è emersa la volontà da parte della famiglia e della scuola di aiutare lo studente nel suo percorso di transizione, un percorso già intrapreso dal punto di vista medico-sanitario e giunto a uno stadio abbastanza avanzato». Quindi, su richiesta della famiglia di Dario e sulla base delle certificazioni mediche che davano conto del percorso intrapreso, la scuola ha deciso di attivare una carriera alias: «Nei nostri documenti interni e nel lessico quotidiano, Dario è diventato Daniela. Sul registro c’è scritto Daniela, i professori lo chiamano così e anche i compagni di classe». Ma finché non verrà pronunciata la sentenza che certificherà la rettifica del genere, sui documenti prodotti per il mondo esterno Daniela si chiamerà ancora Dario: «Sul diploma della nostra Daniela, che oggi frequenta il terzo anno, se prima della maturità non arriverà la sentenza ci sarà scritto Dario».
Il “Telesio” ha risolto senza troppe difficoltà anche il problema dell’uso della toilet, riservando a Daniela un apposito bagno. Mentre lo step «più laborioso» di tutta la vicenda è stato organizzare la comunicazione del fatto all’intera comunità scolastica. Continua Iaconianni: «Abbiamo preferito muoverci per gradi, partendo innanzitutto dalla classe di Daniela e dai suoi professori. Poi abbiamo spiegato la cosa agli studenti rappresentanti di classe, che a loro volta hanno informato i loro compagni e gli alunni delle altre classi. Solo alla fine abbiamo incontrato tutti i ragazzi». Una strategia che si è rivelata vincente: «Devo dire che gli alunni si sono dimostrati molto maturi. Oggi tutta la nostra popolazione scolastica è consapevole della situazione e mi creda, non c’è nessun problema. Daniela si sente a suo agio nel suo corpo ed è accettata da tutti, e io sono molto soddisfatto».
Il preside ci tiene a sottolineare in modo particolare l’importanza del ruolo svolto dai compagni di scuola di Daniela: «I ragazzi hanno capito le sue difficoltà e sono stati i primi ad aiutarla. Oggi siamo tutti più sereni e credo che la normalità risieda proprio in questo stato di cose. Sono mesi che sul registro leggo “Daniela” al posto di “Dario”, e il fatto che non se ne parli più fa parte della nostra quotidianità». E come la mettiamo con l’ideologia? Nessuna resistenza, nessuna protesta da parte di altri genitori? Risponde Iaconianni: «Non so se è una mia fortuna, ma ad oggi ho trovato solo persone con un grado di apertura mentale e di civiltà che non può che farmi felice. La mia esperienza mi dice altro. Ho trovato un ambiente veramente maturo, soprattutto i ragazzi con cui ho parlato. Nessun genitore mi ha mai posto neanche velatamente qualche dubbio, se ce l’hanno non l’hanno palesato. Forse la società inizia a essere pronta».
Il risultato, per certi versi, era insperato: «Ognuno di noi all’inizio aveva dei dubbi, proprio per questo abbiamo voluto fare tutto per gradi. Ma siamo riusciti a restituire a Daniela la serenità che meritava per procedere negli studi ed è questa la cosa che conta». I dubbi derivano anche dal fatto che non esistono linee guida codificate e approfondite per gestire casi simili nelle scuole: «Le università hanno molte carriere alias, ma lì è tutto più facile perché parliamo di persone maggiorenni. Noi dobbiamo confrontarci con i genitori e creare le condizioni per far star bene i nostri studenti. Ma per farlo dobbiamo avere certezza della transizione, non è che al primo dubbio espresso da uno studente sulla propria sessualità apriamo una carriera alias… bisogna sempre essere prudenti e ovviamente a decidere non è il preside da solo, ma il preside assieme ai genitori, allo studente interessato e agli specialisti medici. Una relazione medica è di straordinaria importanza. Aver già intrapreso un percorso psicologico e farmacologico in questo senso è fondamentale, perché bisogna essere certi nel volere la transizione».
Chi pensa quindi che sia “facile” attivare una carriera alias e teme il diffondersi di uno spirito di emulazione, si sbaglia di grosso. Spiega sempre Iaconianni: «A 13-14 anni sono tanti ad avere dei dubbi sulla propria sessualità, l’adolescenza stessa è un periodo di grande incertezza. Una ragione in più per essere molto prudenti». Dopo il caso di Daniela, del resto, al “Telesio” di Cosenza non c’è stata nessuna esplosione del fenomeno: «Per il momento nessun altro studente ha manifestato la stessa volontà. C’è solo un altro caso che riguarda una studentessa, ma siamo ancora in una fase di attesa. Questa persona si è aperta con una sua professoressa e la docente mi ha avvisato. Ora organizzeremo lo step successivo convocando i suoi genitori e insieme valuteremo il da farsi, è chiaro che confidarsi con la prof non può bastare».
OPEN | Il programma del corso di formazione sull’identità di genere destinato ai docenti laziali che avrebbe dovuto tenersi a settembre
È altrettanto chiaro che non si può fare di un caso una regola. L’iniziativa del “Telesio” e delle altre scuole che hanno scelto in autonomia di aderire alla procedura per attivare le carriere alias può essere definita a buon diritto pionieristica, ma scrivere delle linee guida da applicare a livello ragionale o nazionale richiede un lavoro tecnico e di confronto politico molto più complesso. Con una domanda che rimane sullo sfondo: oggi, nelle scuole italiane, c’è bisogno oppure no di un protocollo per promuovere il «benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere»? Docenti e studenti sono adeguatamente preparati? Per Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, «la formazione non fa mai male, soprattutto se si basa su competenze scientifiche rigorose. Non si possono affrontare questi argomenti, indubbiamente scottanti, sulla base della vulgata; serve un approfondimento».
L’Anp, quindi, non è contraria a che ci sia una formazione specifica rivolta a studenti e professori: «Anche perché se non ne parliamo a scuola dove ne parliamo? Attualmente, però, non esistono linee guida da applicare, in Lazio non sono state minimamente adottate e credo che ci sia stato un travisamento. Bisognerà capire se la carta intestata del San Camillo è stata usata senza autorizzazione, ma il documento non è stato ritirato per via delle polemiche, è stato ritirato perché il San Camillo ne ha disconosciuto la paternità». Quanto ai singoli istituti che in autonomia hanno scelto di “aprire” all’attivazione delle carriere alias, per Giannelli «si tratta di uno strumento tecnico» e le scuole «su alcuni aspetti di dettaglio possono fare da sole. Ma su questioni scottanti come questa ritengo necessario che il ministero dell’Istruzione emani linee guida generali con funzione unificatrice, altrimenti potrebbero esserci situazioni analoghe trattate in modo difforme sul territorio nazionale».
Foto di copertina: Ansa | Attivisti e membri della comunità Lgbtq+ manifestano in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia a San Salvador, El Salvador, 17 maggio 2021
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