Addio al fumettista Kentaro Miura: il suo manga Berserk è un ritratto crudo (e imperdibile) della natura umana
«È uscito il nuovo Berserk?». Neanche il buongiorno. Per me era naturale entrare in un negozio di fumetti con la speranza tipica di un bambino di poter finalmente acquistare e leggere il nuovo capitolo della saga di Gatsu e Caska, iniziata nel lontano 1989 e tutt’ora in corso. Per chi non conosce il manga giapponese, è noto anche per l’estrema discontinuità di pubblicazione, tanto che tra gli appassionati ci si augurava che l’autore concludesse la saga prima della sua morte. Ecco, oggi abbiamo scoperto che molto probabilmente non sapremo mai come andrà a finire perché Kentaro Miura è venuto a mancare all’età di 54 anni.
La morte risale al 6 maggio e nessuno, a parte le persone a lui vicine, ne era a conoscenza fino all’annuncio della casa editrice Hakusensha tramite l’account Twitter della saga. Un fulmine a ciel sereno, una notizia che mi è giunta leggendo il post Instagram della scrittrice fantasy Licia Troisi dove saluta Kentaro con una citazione del protagonista, Gatsu: «Ovunque si vada, l’unico posto che ci attende è sempre un campo di battaglia».
Per conoscere Berserk bisogna leggerlo, non basta aprire per la prima volta un numero e sfogliarlo, anche perché così facendo si potrebbe inciampare in stereotipi, incomprensioni, persino in un senso di disgusto per le immagini forti, violente, macabre. Kentaro Miura non aveva limiti, diciamocelo, per una storia ambientata in un cupo Medioevo dark fantasy con protagonista un guerriero maledetto, Gatsu, in cerca di vendetta contro la Mano di Dio, un gruppo di potentissimi demoni, e i loro Apostoli. Detta così potrebbe sembrare una storia qualunque, ma in realtà parliamo di un’opera che tocca molteplici aspetti della natura umana.
Il protagonista di Berserk, Gatsu, era maledetto fin dalla nascita. Kentaro Miura la raffigura ai piedi di un albero, Gatsu viene alla luce da una donna impiccata a uno dei suoi rami. Un’immagine fortissima, ma non la più forte dell’intera saga. L’infanzia di Gatsu è all’insegna della violenza, viene in qualche modo bullizzato in quanto considerato portatore di sventura, per poi farsi strada e venire apprezzato per la sua incredibile forza e determinazione nei campi di battaglia.
Incontra l’amore della sua vita, Caska, una guerriera conosciuta e rispettata della Squadra dei Falchi, un glorioso gruppo di soldati condotto dal valoroso Grifis. Quest’ultimo venne imprigionato, sottoposto a orribili torture, mutilato sia nel corpo che nello spirito. Tentando il suicidio, innesca involontariamente un artefatto che lo mette in contatto con il mondo demoniaco, dal quale riceve l’offerta di diventare il quinto membro della Mano di Dio. Il prezzo da pagare, però, è altissimo: deve sacrificare la sua squadra dandola in pasto agli Apostoli.
A questo punto Kentaro Miura raffigura uno dei momenti più significativi dell’intera saga, il banchetto della morte chiamato Eclisse capace di fare impallidire le più macabre raffigurazioni dell’inferno. Grifis, ormai diventato una sorta di Dio, compie la sua trasformazione violentando di fronte a Gatsu la sua amata, Caska. Entrambi riescono a fuggire grazie all’aiuto di uno dei personaggi più misteriosi dell’intera saga, il Cavaliere del Teschio, ma rimangono segnati: Gatsu perde un occhio e un braccio, mentre la follia prende il sopravvento nella ragazza vittima della violenza sessuale subita dall’essere demoniaco.
Questa è l’estrema sintesi della prima parte della storia, seguita dalla seconda dove Gatsu cerca vendetta e combatte gli Apostoli con la sua spada Ammazzadraghi e con l’aiuto di un’armatura demoniaca che lo trasforma in un’invincibile e ferocissimo berserker, nome leggendario dei guerrieri scandinavi capaci di lottare senza pietà e insensibili al dolore a causa di uno stato mentale di totale furia. Non c’è solo la vendetta, Gatsu si prende amorevolmente cura di Caska nella speranza di riuscire a farla tornare in sé. Incontrerà un elfo di nome Pak che, oltre a ritagliare spezzoni di simpatica comicità in un manga così cupo, lo accompagnerà come una sorta di goffa guida nel suo percorso travagliato.
Mi fermo qui con questa estrema e superficiale sintesi; è difficile mettere in parole quasi 32 anni di fumetto e molti estimatori più esperti di me potrebbero farmi giustamente le pulci. Sta di fatto che l’intensità della storia, la capacità di scavare nel profondo dei sentimenti umani, l’enorme empatia che il lettore riesce a provare per Gatsu e la sua determinazione nel voler fare del bene, nonostante tutto il dolore che ha subito e ha visto infliggere alle persone che amava, ma anche l’intrusione di momenti comicamente demenziali capaci di rompere la tensione, hanno fatto diventare Berserk uno dei fumetti più belli e “completi” che abbia mai letto. Tra virgolette “completi”, visto come è andata a finire.