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La prima sentenza per il Blue Whale sull’unico caso finito in tribunale: condannata una 25enne di Milano

20 Maggio 2021 - 10:58 Redazione
La giovane era riuscita a insinuarsi nella vita di una dodicenne grazie anche all'aiuto di un 16enne di origini russe

In Italia è arrivata la prima condanna – a un “curatore” – per la “Blue Whale challenge”, il gioco di ruolo in cui dei ragazzini devono superare 50 prove di coraggio che vanno dal ripetuto autolesionismo al suicidio, nel peggiore dei casi. A Milano una ragazza di 25 anni è stata condannata dalla nona sezione penale del Tribunale a un anno e mezzo di carcere per atti persecutori e violenza privata aggravati. Il giudice le ha comunque concesso le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. La giovane si era spacciata, all’interno del meccanismo del gioco, come “curatore”, quel personaggio che comunica ai giocatori quali prove affrontare e che ha il potere di infliggere le punizioni a chi non riesce a superarle.

La vicenda

Era il 2017 quando la 25enne era entrata in contatto, su Internet, con una ragazzina di 12 anni di Palermo. L’aveva quindi convinta a ferirsi sulle braccia come punizione e a mandarle le foto dei suoi atti di autolesionismo. Un giornalista che conduceva al tempo un’inchiesta proprio sulla Blue Whale si era finto anche lui un ragazzino per entrare in contatto con la giovane palermitana – cui diceva di voler entrare nel gioco -, scoprendo così l’escalation di auto sevizie cui si era dovuta sottoporre. Da lì la denuncia alla polizia postale.

Le indagini raccontano di una relazione tra le due avvenuta tra maggio e giugno del 2017. La ragazza milanese aveva contattato quella palermitana attraverso Instagram e Facebook con la complicità di un 16enne di origini russe. «Se sei pronta a diventare una balena inciditi “yes” sulla gamba, se non lo sei tagliati molte volte per auto punirti» le diceva, in qualità di “curatore”. Se la ragazzina palermitana si rifiutava, l’altra la minacciava, arrivando a dirle di conoscere il suo indirizzo di casa, l’Ip del computer e che in un modo o nell’altro sarebbe riuscita a trovarla e a ucciderla.

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