Il dirottamento del volo Atene-Vilnius per arrestare l’oppositore di Lukashenko è il momento della verità per l’Unione europea
Ieri 23 maggio un caccia Mig-29 della Bielorussia ha affiancato un volo Ryanair in transito nello spazio aereo bielorusso sulla rotta Atene-Vilnius, forzandone l’atterraggio a Minsk con il pretesto di un allarme bomba, inesistente. Il pilota della Ryanair voleva raggiungere la destinazione ormai vicina, ma il caccia ha obbligato il pilota civile a farsi “scortare” fino alla capitale bielorussa. Arrivati all’aeroporto di Minsk i 170 passeggeri sono stati fatti scendere, tra loro c’era il giornalista Roman Protasevich, un oppositore del presidente Alexander Lukashenko. Protasevich è stato arrestato e portato via, insieme alla fidanzata, poi rilasciata ma che ha scelto di rimanere in Bielorussia. Dopo controlli ai passeggeri durati ore e un pessimo trattamento, l’aereo della Ryanair ha potuto riprendere il volo verso la capitale la Lituania.
La condanna internazionale
La condanna dei leader dell’Unione europea e delle Capitali è stata unanime, a Minsk ora viene chiesto l’immediato rilascio di Protasevich. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha definito le azioni «assolutamente inaccettabili» e ha promesso sanzioni. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha detto che «le linee rosse della politica estera sono state superate» e accusato Lukashenko di aver commesso «un atto di terrorismo di stato». Infuriati i premier di Grecia e Lituania. Condanna anche dall’Alto rappresentante della politica estera Joseph Borrell, così come dal Segretario di Stato USA, Anthony Blinken. Stasera i 27 leader degli Stati membri si riuniscono per il Consiglio europeo, e dovranno decidere come reagire. Di sicuro saranno imposte una serie di sanzioni, che nel caso della Bielorussia si aggiungeranno a una lista già lunga, ma potrebbe non essere sufficiente. Nell’agenda del vertice era in programma una relazione di Borrell sui rapporti Ue-Russia, che avrebbe prodotto la solita dichiarazione di condanna per le provocazioni russe. Con questa azione la Bielorussia ha ridefinito l’agenda del vertice, e chiamato i leader Ue a prendersi la responsabilità fare delle scelte più coraggiose.
Ora l’Europa non può più rinviare il dossier bielorusso
Qualsiasi potenza che si rispetti avrebbe tenuto una riunione di emergenza. Il dirottamento di un aereo da parte di Lukashenko forse non costituisce un atto di guerra, ma le modalità sono effettivamente quelle di un atto di terrorismo, come l’ha definito anche il Partito popolare europeo. Secondo l’articolo 4 della Nato, la Lituania potrebbe chiedere una riunione d’emergenza. In questo caso la procedura prevede una consultazione da attivare se un membro sente una minaccia per la propria sicurezza territoriale, e i fondamenti ci sono. L’Ue inoltre deve fare luce sui rapporti e le testimonianze secondo cui quattro cittadini russi sono scesi dall’aereo a Minsk, il che corroborerebbe la teoria secondo cui la manovra che ha costretto un atterraggio di emergenza a Minsk era coordinata con i servizi di sicurezza russi. Difficile credere che la Bielorussia abbia la capacità di fare da sola una cosa del genere, impossibile pensare che l’abbia fatta senza permesso del Cremlino. In questo caso, l’Ue dovrà sanzionare la Russia, e duramente. Ciò chiama in causa la Germania e il suo rapporto speciale con l’economia e il gas russo.
Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas ha condannato il dirottamento con fermezza, ma è difficile pensare che Berlino sia disposta ad emettere delle vere sanzioni economiche contro Mosca. Anche gli USA non in teoria non sono interessati a una situazione di stallo. L’amministrazione Biden ha recentemente rinunciato alle sanzioni contro il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2 e il presidente Joe Biden vuole distendere le relazioni incontrando di persona l’omologo russo Vladimir Putin. Una risposta troppo debole dell’Ue quindi sarebbe ancora più grave, perché stavolta Bruxelles potrebbe non avere la possibilità di nascondersi dietro Washington. Katalin Cseh, eurodeputata ungherese che si oppone al Fidesz di Viktor Orbàn, ha detto che «l’inazione decennale dell’Ue per affrontare l’autocratizzazione ci ha lasciati tutti insicuri». Collegando l’incapacità europea di moderare Orban alla debolezza nell’affrontare Lukashenko.
Parole ancora più dure arrivano da Toomas Hendrik Ilves, ex presidente dell’Estonia inequivocabilmente europeista che ha detto di non avere nessuna fiducia nella forza della reazione delle istituzioni di Bruxelles.
Commenti forse parziali ma indicativi, che arrivano da politici europei di paesi dell’ex blocco orientale, entrati con fiducia e grandi aspettative nell’Ue e nella Nato per voltare pagina dopo il crollo dell’Unione Sovietica e sentirsi al sicuro dalla Russia e dalle dittature. Se l’Ue non riesce a rispondere adeguatamente, le istituzioni di Bruxelles dovranno confrontarsi con una nuova forma di sfiducia ed euroscetticismo, ma stavolta da parte di chi crede profondamente nel progetto europeo.
Foto copertina: EPA/ALEXANDER ASTAFYEV / SPUTNIK / GOVERNMENT PRESS SERVICE | Il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko