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Coronavirus e DNA mutato: niente vaccini Ogm, ma nuove opportunità per future terapie antivirali

24 Maggio 2021 - 08:29 Juanne Pili
Perché alcune persone guarite risultano ancora positive?

Uno studio apparso su Pnas (organo dell’Accademia americana delle scienze) mostra nelle colture cellulari la possibilità che alcuni frammenti di RNA del nuovo Coronaviruspossano essere inversamente trascritte in DNA, il quale potrebbe venire incluso nel nostro genoma. Questo spiegherebbe, secondo i ricercatori, come mai in certi pazienti guariti si riscontrerebbe ancora la presenza di tracce del RNA virale attraverso l’analisi PCR. Gli autori chiariscono che «il virus infettivo non può essere prodotto dalle sequenze subgenomiche integrate di SARS-CoV-2». Niente «vaccini Ogm» però.

Questi si basano infatti su sequenze di mRNA che necessiterebbero di particolari enzimi, non presenti nel virus, né nelle dosi sperimentate. Quando nel paper si menziona il termine «vaccini» è solo per suggerire la possibilità che questi soggetti sviluppino una sorta di «vaccino naturalmente prodotto». In questo caso si tratta però di speculazioni dovute a evidenze emerse negli studi sui topi. Quanto osservato potrebbe avere rilevanza nello sviluppo di nuove terapie antivirali.

Come è stato svolto lo studio

I ricercatori partono da alcune evidenze emerse in diversi pazienti che risultano positivi all’RNA virale tramite PCR diverse settimane dopo l’infezione, ma senza una rilevante replicazione virale. Lo studio non riguarda i vaccini a mRNA, bensì la possibilità che in rari casi i pazienti possano produrre RNA virale anche dopo il recupero. Le sequenze di mRNA prodotte da Pfizer e Moderna – la cui produzione avevamo illustrato in un precedente articolo – partono dalla stessa struttura di quelli umani. 

Ciò che tenderebbe a integrarsi – secondo quanto osservato nello studio – è la parte terminale dell’intero genoma virale, che non riguarda l’informazione genetica trasportata dai vaccini, destinata alla sola produzione delle proteine Spike (S), gli antigeni che il virus usa per infettare le cellule e che il sistema immunitario deve imparare a conoscere, sviluppando gli anticorpi.

Opportunità e limiti della ricerca sulle colture cellulari

Lo studio, noto come preprint già da diversi mesi, mostra evidenze interessanti, che si sono viste nell’evoluzione in diversi altri casi, ma si devono a rari fattori esterni. Nel genoma umano sono presenti tracce di patogeni passati, senza mai dare luogo alla produzione di particelle virali complete. Un grosso limite di questo lavoro è senz’altro il fatto che le evidenze si sono viste solo nelle colture cellulari e riguarderebbero comunque rari casi.

Foto di copertina: geralt |Immagine di repertorio

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