Coronavirus. Perché è tornata di moda la teoria della fuga dal laboratorio? La colpa è di uno studio norvegese e dell’opacità di Pechino
Dove ha origine il virus della Covid-19? Si torna a discutere della teoria del laboratorio, dove oltre alla tesi della fuga del virus viene proposta quella della sua ingegnerizzazione. Questo succede ormai da oltre un anno perché la teoria non viene dimostrata e nemmeno smentita del tutto in mancanza della prova, di una “pistola fumante” che metta fine a questa lunga contestazione di natura politica più che scientifica. Per questo motivo l’OMS, il governo americano e più recentemente anche le spie britanniche hanno ritenuto necessario intensificare gli sforzi. In fondo, risulta difficile fidarsi di Pechino dopo quanto accaduto a inizio 2020.
Una sfiducia fondata. Il governo cinese non è immune da critiche, è colpa della sua opacità se il mondo intero si è trovato impreparato davanti all’emergenza. Pechino non è stata trasparente, nemmeno con i propri cittadini, e ha arrestato coloro che volevano denunciare pubblicamente il pericolo che si stava correndo. Ricordiamo che uno degli arrestati fu il medico cinese Li Wenliang, successivamente liberato e celebrato come un eroe – anche dalla propaganda cinese – dopo la sua morte causata proprio dalla Covid-19. Non solo. Se la Cina viene accusata di aver causato accidentalmente la fuga del virus da un laboratorio, Pechino accusa gli Stati Uniti di averlo diffuso durante un evento militare del 2019 in territorio cinese.
Dove sono le prove?
L’OMS, a seguito della sua indagine, non ha escluso definitivamente alcuna ipotesi, riportando una lista di teorie dove agli estremi troviamo la «più probabile», quella dell’origine naturale, e quella «estremamente improbabile» dell’ingegnerizzazione. Anthony Fauci non si sbilancia, non si dichiara a favore di una o dell’altra ipotesi, e dopo la richiesta del presidente Joe Biden di intensificare le indagini arriva la notizia che le “spie britanniche” ritengono che la fuga da un laboratorio sia una teoria plausibile («feasible») riaccendendo con forza la discussione. Il problema, però, rimane: come la Cina non ha prove per accusare gli Stati Uniti, ad oggi nessuno ha una prova per accusare i cinesi di aver fatto uscire il virus da un laboratorio o di averlo creato.
Se da una parte c’è chi nutre un dubbio, dall’altra troviamo chi sostiene la teoria del laboratorio dichiarandosi certo e mostrando al pubblico documentazioni ingannevoli e prive di fondamento scientifico. Lo abbiamo visto con il fantomatico Yan Report, un’accozzaglia di documenti sostenuti a livello politico e non a livello scientifico. Lasciando da parte teorie strampalate come quelle del Premio Nobel Luc Montagnier (il quale sosteneva, attraverso uno studio farlocco di un suo «collega», che il virus contenesse sequenze dell’Hiv), c’è chi invece diffonde notizie in maniera strumentale per trarre un profitto ammettendolo candidamente. Se in questi giorni stiamo assistendo a una nuova ondata della teoria è colpa di uno scienziato norvegese, il Dott. Birger Sørensen.
Lo studio di Sørensen
In un articolo del 28 maggio 2021 del Daily Mail vengono pubblicati in esclusiva le conclusioni e alcune parti di uno studio condotto dal Dott. Sørensen e sostenuto dal Prof. Angus Dalgleish, oncologo e politico britannico (già candidato con l’UKIP di Nigel Farage nel 2015). «Esclusivo», titola il Daily Mail per poi riportare un chiaro virgolettato: «Non c’è un progenitore naturale credibile del virus». Non c’è, di fatto, ma ciò non significa che venga individuato. Il Daily Mail è ancora più diretto: «[Il virus] è stato creato dagli scienziati cinesi». Ci sono prove? No, nemmeno nello studio di Sørensen, ed è lui stesso ad ammetterlo, ma sappiate che stiamo assistendo al «servizio di una minestra riscaldata».
Del fantomatico studio del Dott. Birger Sørensen si parla da quasi un anno, come testimonia un articolo del 7 giugno 2020 pubblicato da Forbes dal titolo «Controversial Coronavirus Lab Origin Claims Dismissed By Experts» che riporta una correzione del giorno successivo dove si riportano i conflitti di interesse dello scienziato norvegese e le contestazioni sollevate da un altro suo collega, il ricercatore dell’Università di Oslo Gunnveig Grødeland.
Gli interessi dello scienziato norvegese
Secondo il Dott. Sørensen e il suo collega britannico Angus Dalgleish, lo studio avrebbe identificato delle sezioni inserite nel virus in un punto tale da permettergli di interagire con le cellule dell’uomo. Soprattutto, si sostiene che queste non siano riscontrabili in natura. Lo studio venne proposto a diverse riviste scientifiche, come Nature e Journal of Virology, ma venne rigettato per un semplice motivo: tali sezioni venivano riscontrate anche in altri virus, come spiega a Forbes il ricercatore norvegese Gunnveig Grødeland citando alcuni esempi naturali del passato: i coronavirus MERS-CoV, OC43 e HKU1. Molti criticarono lo studio, come la virologa Rachael Tarlinton dell’Università britannica di Nottingham e il Prof. Kristian Andersen del dipartimento di immunologia e microbiologia presso il centro di ricerca Scripps in California, definendolo «una totale assurdità».
Dal Dott. Sørensen è partita la solita teoria dello studio scomodo che nessuno vorrebbe pubblicare in quanto contrario alla narrativa del virus di origine naturale. Ad oggi, nessuna rivista scientifica autorevole* ha dato credito al suo lavoro. Non è tutto. Intervistato nel 2020 dalla testata norvegese Minerva, si scopre che il Dott. Sørensen è presidente del consiglio di amministrazione della Immunor, una società impegnata nello sviluppo di un vaccino anti Covid-19. Minerva domandò allo scienziato se i rumor riguardo il suo studio fossero funzionali per attirare finanziamenti per le sue ricerche, ottenendo questa risposta: «Certo, è nel mio interesse che la mia ricerca venga conosciuta, ma sono stato completamente trasparente e ho dichiarato tutti i miei interessi».
Ricordate la SARS? La sindrome respiratoria acuta grave che oggi menzioniamo spesso citando il coronavirus che ha causato la pandemia Covid19, il SARS-CoV-2. All’epoca la malattia era causata dal SARS-CoV-1, apparso per la prima volta nel 2002 in Cina e per il quale non avevamo alcuna traccia sulla sua origine fino al 2017 quando gli scienziati trovarono i due animali “colpevoli” della sua evoluzione permettendogli di infettare l’uomo: un tipo di pipistrello (il Rhinolophus ferrumequinum) e lo zibetto, un animale simile a un procione che veniva consumato nelle tavole della Cina meridionale. Non è detto che dovremo attendere 15 anni per scoprire che ad innescare il salto di specie sia stato un pangolino o un criceto, all’epoca la SARS non aveva causato così tanti danni come la Covid-19 e c’era meno interesse nell’intensificare le indagini. Se saremo veloci come per i vaccini, investendo e indagando tutti duramente, potremmo trovare l’origine del SARS-CoV-2 e concludere questa disputa politica, ma molto dipende dalla Cina che, come purtroppo sappiamo, dovrebbe aprire le porte di casa.
* Lo studio del vaccino venne pubblicato, dopo una revisione di appena 10 giorni, nella rivista Open Access Quarterly Review of Biophysics Discovery nata nel 2020. Secondo il Daily Mail, il fantomatico studio del Dott. Sørensen verrà pubblicato nella stessa rivista, ma non si sa quando di fronte a 2 volumi pubblicati in 2 anni (rispettivamente 2020 e 2021). Secondo quanto riportato dall’ editoriale di lancio, la rivista prevede la pubblicazione rapida di studi un po’ diversi da quelli tradizionali, anche relativi a ricerche «speculative» («If the research is of high quality and it is a sound result that points in an exciting direction – even if it is speculative – we will publish»).
Nota: L’articolo è stato aggiornato inserendo le informazioni relative alla probabile rivista che pubblicherà il fantomatico studio, secondo quanto affermato da Sørensen.
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