Vaccini ai giovanissimi, cosa dicono le sperimentazioni sugli adolescenti e i bambini
Da oggi, 3 giugno, parte in Italia la somministrazione dei vaccini anti-Covid dai 16 anni in su. Qualche giorno fa è invece arrivata l’autorizzazione di EMA per la somministrazione del Comirnaty di Pfizer-BioNTech nella fascia d’età tra i 12 e 15 anni. Una decisione attesa anche dal Commissario per l’emergenza del nuovo Coronavirus Francesco Figliuolo, il quale aveva anticipato l’intenzione di cominciare a giugno anche coi vaccini nella fascia d’età tra i 12 e 15 anni.
Anche Johnson & Johnson prevede di estendere i vaccini sotto i 16 anni, proponendo di arrivare persino ai neonati: al momento sono in corso test tra i 12 e 18 anni. Moderna non sembra da meno: la casa farmaceutica ha recentemente pubblicato i risultati di una sperimentazione, definita TeenCOVE Study, che ha coinvolto 3700 ragazzi tra i 12 e 17 anni. Dovremo aspettarci quindi prossimamente, anche una apertura per le vaccinazioni sotto i 16 anni. Ecco perché è decisivo attuarla.
Perché è importante vaccinare anche i più giovani
Ci sono almeno due ragioni per cui vale la pena coinvolgere anche adolescenti e bambini nelle vaccinazioni di massa: anche se parliamo della fascia meno a rischio, sono ancora da accertare del tutto gli effetti a lungo termine; mentre non è escluso che si dia una spallata al virus anche in termini di riduzione dei contagi. Le fasce più giovani sono anche quelle che veicolano maggiormente il contagio, come spiega un recente articolo della Fondazione Veronesi:
« Anche se Covid-19 sui grandi numeri non crea particolari problemi nei più piccoli, questi possono però fungere da veicolo del contagio per chi sta intorno. Non a caso, seppur l’obbiettivo primario della vaccinazione è quello di non sviluppare la malattia, poter vaccinare più persone possibili aiuterà notevolmente a ridurre la circolazione del virus».
Le vaccinazioni riducono i contagi?
Eppure sapevamo che i vaccini anti-Covid non promettevano di proteggere anche dalla trasmissione del virus, bensì dallo sviluppare i sintomi, specialmente quelli delle forme gravi di Covid-19. Questo perché un dato del genere poteva emergere soprattutto durante le vaccinazioni di massa, nella cosiddetta «quarta fase di sperimentazione». Ricordiamo allora i risultati di un recente technical report del Ecdc, pubblicato ad aprile:
«Prove limitate indicano che le persone completamente vaccinate, se infette, possono avere meno probabilità di trasmettere SARS CoV-2 ai loro contatti non vaccinati – continua la relativa nota introduttiva del Ecdc –. Rimane incertezza sulla durata della protezione in questi casi, nonché sulla possibile protezione contro le varianti SARS-CoV-2 emergenti».
I dati epidemiologici riguardano le persone vaccinate con Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Si tratta ancora di risultati preliminari e le evidenze sono limitate dalle circostanze, ma vale la pena tenerne conto. Le fasce più giovani erano state tenute fuori dalle prime sperimentazioni e l’Ecdc fa riferimento agli adulti, non di meno, la ragione per cui sono stati tenuti fuori ragazzi e donne in gravidanza, stava nel fatto che la priorità riguardava over 65 e adulti con patologie pregresse; inoltre proprio le prime somministrazioni alle fasce sopra i 18 anni ha costituito il banco di prova a medio termine, tale da permettere di somministrare con un ampio margine di sicurezza tutti gli altri.
Lo studio di Pfizer che ha permesso la prima autorizzazione
Il 27 maggio è apparso sul New England Journal of Medicine lo studio intitolato Safety, Immunogenicity, and Efficacy of the BNT162b2 Covid-19 Vaccine in Adolescents. Pfizer ha potuto testare oltre 2306 adolescenti americani tra i 12 e 15 anni (1131 col vaccino e 1129 col placebo), con entrambe le dosi. I volontari sono stati reclutati tra ottobre 2020 e gennaio 2021.
I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in 1097 volontari appartenenti alla fascia di età tra i 16 e 25 anni, provenienti da diversi Paesi (536 col vaccino e 561 col placebo), mediante dati raccolti fino al 13 marzo 2021. La sperimentazione è stata condotta in cieco solo per chi somministrava le dosi, assegnate a distanza di 21 giorni – come raccomandato dalla casa farmaceutica – anche se è verosimile che da noi i tempi di attesa tra la prima e seconda iniezione potrebbero raddoppiare, anche per gli adolescenti, senza comprometterne l’efficacia.
I risultati del TeenCOVE Study
La prossima papabile per l’autorizzazione di EMA potrebbe essere Moderna. Nello studio di fase 2/3, i cui resultati sono sotto esame da parte dell’Agenzia europea, due terzi dei degli oltre tremila partecipanti sono stati sottoposti al vaccino, il resto ha costituito il gruppo di controllo col placebo. I dati sulla immunogenicità del vaccino sono stati messi a confronto con quelli dello studio di fase 3 riguardante gli adulti. Il vaccino risulta così efficace al 100%, secondo la Casa farmaceutica, a partire da due settimane dalla seconda dose, mentre scende al 93% dopo la prima.
Foto di copertina: EPA/ETIENNE LAURENT
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