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La Danimarca approva la legge per «delocalizzare» i richiedenti asilo fuori dalla Ue. L’Onu: «Spaventosa corsa al ribasso»

03 Giugno 2021 - 20:00 Federico Bosco
A gennaio la premier Frederiksen aveva ribadito la promessa di avere «zero richiedenti asilo» in Danimarca

La Danimarca vuole diventare il primo paese dell’Unione europea a processare le richieste di asilo al di fuori dell’Europa. La proposta del governo di centrosinistra della premier Mette Frederiksen è stata approvata giovedì dal parlamento, suscitando l’indignazione dei sostenitori dei diritti umani. La legge permetterà di inviare i richiedenti asilo presenti sul suolo danese in un paese terzo – molto probabilmente in Africa – e da lì valutare le loro richieste. In questo modo, Copenhagen non dovrà prendersi cura dei richiedenti asilo durante il periodo di elaborazione della richiesta, e non dovrà più prendere in considerazione il fatto che durante il vaglio della domanda il richiedente si è ambientato nel paese. 

L’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati ha denunciato la legge come una «spaventosa corsa al ribasso», contraria ai principi della cooperazione internazionale in materia di asilo. Amnesty International ha avvertito che qualsiasi tentativo della Danimarca di inviare richiedenti asilo in un paese terzo sarebbe «non solo è irragionevole, ma potenzialmente illegale». La Commissione europea ha espresso preoccupazione per il voto e le sue implicazioni, affermando che qualsiasi mossa per esternalizzare le richieste di asilo non è compatibile con le leggi dell’Ue. «Il trattamento in un paese terzo delle domande di asilo solleva questioni fondamentali, sia sull’accesso alle procedure di asilo che sull’effettivo accesso alla protezione. Non è possibile secondo le norme esistenti», ha detto il portavoce Adalbert Jahnz.

La paura della Danimarca per l’immigrazione

A gennaio la premier Frederiksen aveva ribadito la promessa della campagna elettorale di avere «zero richiedenti asilo» in Danimarca. I socialdemocratici sostengono che il loro approccio scoraggerà i migranti dal mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani per cercare di attraversare il Mediterraneo, mettendo a rischio la loro vita. Tuttavia, in base a questa legge i migranti avranno solo cura di stare alla larga dal suolo danese. La Danimarca, paese Ue da 5,7 milioni di abitanti, negli ultimi anni si è guadagnata la reputazione di Stato membro con alcune delle posizioni più dure sull’immigrazione, portate avanti dal ministro dell’immigrazione e integrazione Mattias Tesfaye, un 40enne socialdemocratico figlio di un immigrato etiope. Recentemente Copenhagen ha fatto scalpore quando ha dichiarato la capitale siriana Damasco «sicura per il ritorno dei rifugiati». 

La Siria è devastata dalla guerra civile, molti dei siriani presenti in Danimarca sono malvisti dal regime di Bashar al-Assad – appena rieletto con il 95% dei voti – e non hanno più una casa in cui tornare. Il governo danese ha anche adottato dure misure interne, compresi gli sgomberi forzati nei quartieri degli immigrati «non occidentali» per impedire la formazione di quelli che definisce dei «ghetti». Nel 2016 il governo di centrodestra aveva approvato, con l’appoggio dell’opposizione di centrosinistra, una legge che autorizzava le autorità a sequestrare gioielli e altri beni dei rifugiati, per aiutare le autorità a finanziare i costi di accoglienza. Anche se quella legge è stata messa effettivamente in pratica solo qualche volta, era indicativa della sensibilità della politica danese nei confronti dell’immigrazione.

Come funziona la nuova legge

Secondo il nuovo sistema, i richiedenti asilo che arrivano in Danimarca verranno trasportati (o deportati, secondo i più critici) in un paese terzo, dove resteranno per tutto il periodo in cui sarà esaminata la domanda. In caso di successo, il rifugiato sarà autorizzato a rimanere nel paese terzo o, in caso di rifiuto dello status di rifugiato, sarà espulso anche da lì. Detta più semplicemente, nelle intenzioni di Copenhagen nessun migrante avrà il diritto di restare in Danimarca. Il paese terzo a cui dovrebbe rivolgersi il governo danese sembra essere il Ruanda. Ad aprile il ministro Tesfaye si è recato nel paese africano per firmare un memorandum d’intesa su asilo e migrazione. Il governo ruandese ha detto che l’accordo non include niente del genere, ma il Ruanda ha una tradizione nell’accoglienza dei rifugiati (attualmente ne ospita circa 130.000 provenienti dai paesi vicini) e nel 2018 aveva progettato insieme a Israele un meccanismo simile, poi fallito.

Il tema dell’immigrazione tornerà a dettare l’agenda politica

Quello della Danimarca è solo l’ultimo tentativo dei paesi europei di allestire campi di asilo in Africa per esternalizzare le richieste di asilo, il primo a proporre un sistema del genere è stato l’allora premier britannico Tony Blair, che nel 2004 provò a convincere la Tanzania a fare da paese terzo in cui trasfere i migranti durante l’esame delle richieste, senza riuscirci. Se il sistema danese dovesse funzionare, potrebbe essere replicato da altri paesi europei – come Polonia e Ungheria – e diventare un modello per tutti i partiti delle estreme destre europee, a partire dalle campagne elettorali per le elezioni tedesche (settembre 2021) e francesi (aprile 2022). Considerando che siamo all’inizio della stagione estiva con l’inevitabile aumento degli sbarchi, l’eco della legge danese si farà sentire anche in Italia. L’Europa non ha ancora superato le paure della crisi dei rifugiati del 2015. 

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