Tra i 12 neonazisti indagati c’è anche miss Hitler, sui social i rapporti del gruppo con il docente universitario Marco Gervasoni – Il video
Le accuse sono pesantissime. Propaganda di idee naziste e antisemite, video e immagini dal contenuto razzista e discriminatorio, tesi negazioniste, istigazione a commettere azioni violente contro ebrei ed extracomunitari. Queste le accuse che la procura di Roma, al termine di un’indagine del Ros, ha mosso nei confronti di dodici persone, tra i 26 e i 62 anni, ritenute appartenenti a un’organizzazione chiamata “Ordine ario romano” che, negli ultimi mesi, avrebbe persino iniziato a pianificare un’azione contro una struttura della Nato con ordigni confezionati in maniera artigianale anche grazie alla collaborazione di altri gruppi simili che operavano in Portogallo. Tra gli indagati c’è anche Francesca Rizzi che nel 2019 ha partecipato e vinto “Miss Hitler” svolto sul social network Vk. Rizzi, secondo l’accusa, avrebbe cercato contatti con il gruppo estremista portoghese “Nova Ordem Social”.
L’accusa
Al momento sono state emesse misure cautelari dell’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria. L’accusa è di associazione finalizzata alla propaganda e all’istigazione per motivi di discriminazione etnica e religiosa. Oltre alle misure, eseguite a Roma, Cagliari, Cosenza, Frosinone, Latina, L’Aquila, Milano e Sassari, sono scattate perquisizioni in diverse città d’Italia. Dalle indagini emerge che i dodici avrebbero avuti rapporti “via social” con Marco Gervasoni, il professore universitario coinvolto in un’altra indagine per minacce e offese al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Le indagini
L’inchiesta è cominciata nel 2009 e ha mosso i suoi primi passi nel mondo dei social. La Procura di Sassari, ad esempio, a marzo ha individuato otto persone, tutti estremisti di destra del gruppo neonazista e antisemita “Ordine ario romano”, attestato sulle piattaforme VKontatke e Whatsapp. Nel mirino è finito il fondatore dell’organizzazione, un uomo di 40 anni, di Sassari, al quale sarebbero state collegate diverse persone, residenti in alcune località del territorio nazionale, coinvolte a pieno titolo nel sodalizio. Il promotore del gruppo, secondo gli inquirenti, era impegnato con un’altra persona a diffondere messaggi apologetici della figura di Adolf Hitler e di stampo marcatamente antisemita.
Cosa succedeva nelle chat
Si passava da contenuti che incitavano alla violenza nei confronti degli ebrei agli elenchi di cognomi di origini ebraica «in modo da poterli facilmente individuare». Da qui l’indicazione di alcune caratteristiche somatiche che avrebbero denotato l’appartenenza alla “razza ebraica”. In concorso tra loro si sarebbero persino «scambiati idee su come sconfiggere la “minaccia giudea”, con tanto di indicazioni su come reperire delle armi, ovvero su come fabbricarne di nuove» per la «difesa della razza».
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