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Dai favori al procuratore di Taranto agli intrecci con il ‘complotto’ Eni, ecco le accuse contro Piero Amara: «Così venivano manipolati i processi»

08 Giugno 2021 - 14:39 Fabio Giuffrida
Cosa c'è nell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'uomo già coinvolto nel caso della Loggia Ungheria

Nuova bufera giudiziaria sull’ex Ilva di Taranto. Dalle indagini che la Procura presso il Tribunale di Potenza ha delegato alla Squadra Mobile e alla Guardia di Finanza emerge un quadro inquietante su presunte irregolarità nel corso delle indagini sull’ex Ilva. Oggi, 8 giugno, è stata data esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di Carlo Maria Capristo, già procuratore di Trani e Taranto (da oggi sottoposto all’obbligo di dimora) ma anche di Piero Amara (arrestato), avvocato siciliano e consulente dell’Eni e dell’ex Ilva, già coinvolto nel caso della Loggia Ungheria. Coinvolti anche Giacomo Ragno, avvocato di Trani; Nicola Nicoletti, consulente esterno della struttura commissariale dell’Ilva; e il poliziotto Filippo Paradiso. Le indagini sono cominciate nel giugno del 2020 e hanno coinvolto 80 testimoni, oltre ad acquisizioni di documentazione cartacea e informatica, indagini finanziarie e bancarie e diverse perquisizioni.

Raccomandazioni ma anche processi rallentati e denunce via sms

Michele Nardi, magistrato in servizio all’ispettorato generale del ministero, avrebbe messo a disposizione di Carlo Maria Capristo il suo impegno a sostenerlo per la nomina a procuratore di Trani, poi avvenuta effettivamente nel 2008. In che modo? Tramite attività di raccomandazione, persuasione e sollecitazione nei confronti di chi avrebbe potuto determinare la sua nomina. Accuse degli inquirenti che allungano nuove ombre sul Csm e su chi di fatto poteva far avanzare la carriera di Capristo. In cambio Amara avrebbe ottenuto dal procuratore, una volta nominato, una «totale, stabile e permanente protezione dei suoi illeciti interessi» in processi che lo riguardavano o che riguardavano persone a lui vicine oltre alla protezione e copertura a favore dei sostituti procuratori Savasta e Scimè, legati a Nardi poiché – sempre secondo l’accusa – grazie a loro avrebbe aggiustato i procedimenti di suoi interesse presso l’autorità giudiziaria di Trani e con i quali avrebbe addirittura svolto «lucrose attività delittuose» intorno ai procedimenti penali loro assegnati. Capristo, nello specifico, avrebbe «rallentato la trattazione di procedimenti» in cui Nardi era indagato e avrebbe accettato sempre da Nardi «denunce di reato via sms».

Gli esposti anonimi e «strumentali»

Il procuratore Capristo, quando era alla guida della procura di Trani, era impegnato nella valorizzazione dell’avvocato siciliano Piero Amara che avrebbe accreditato presso Eni presentandolo come un «soggetto capace di interloquire direttamente con i vertici della Procura». Capristo si sarebbe auto-assegnato procedimenti penali nati da esposti anonimi scritti dallo stesso Amara. Esposti anonimi definiti «strumentali poiché redatti dall’avvocato Amara al solo scopo di accreditarsi presso i vertici Eni come l’unico soggetto in grado di interloquire su tali procedimenti».

L’ad di Eni vittima di un complotto?

Negli esposti veniva prospettata persino la fantasiosa esistenza di un «preteso progetto criminoso, artificioso, che mirava a destabilizzare i vertici dell’Eni» e in particolare a determinare la sostituzione dell’amministratore delegato Descalzi. Volevano far credere che Descalzi fosse stato vittima di un terribile complotto «ordito da soggetti che avevano rilasciato dichiarazioni indizianti presso la procura di Milano», dove in effetti era indagato per gravi fatti di corruzione. Il primo di questi esposti, però – e questo appare molto strano – sarebbe giunto in procura «in modo sospetto e inspiegabile»: era stato recapitato a mano, pur essendo anonimo, all’ufficio ricezione atti. Ma chi lo aveva portato e soprattutto a chi era stato consegnato?

Il ruolo (e l’obiettivo) di Amara

E non è finita qui. Il procuratore avrebbe disposto persino delle indagini «approfondite, inconsuete se non illegittime» – visto che si parlava solo di esposti anonimi – che potevano risultare «funzionali agli interessi di Piero Amara» il quale aveva di fatto tutta «la necessità di rafforzare la tesi del complotto contro Descalzi». In questo modo Amara da una parte si metteva in luce presso Eni come punto di riferimento e tramite verso l’autorità giudiziaria, dall’altra come legale meritevole di nuovi e ulteriori incarichi, sempre «ben remunerati».

La “proposta” all’ex Ilva

Quando il procuratore Capristo viene spostato a Taranto accredita Amara e Nicoletti presso l’Ilva al fine di «agevolare la loro ascesa professionale». In che modo? Facendo credere all’amministrazione straordinaria dell’Ilva che Amara – nelle vesti di legale – e Nicoletti – in qualità consulente factotum – avrebbero potuto interloquire con la Procura di Taranto in maniera più agevole. Si rendeva, di fatto, promotore di un approccio dell’ufficio certamente più «aperto, dialogante e favorevole alle esigenze dell’Ilva». In cambio, avrebbe garantito all’Ilva una gestione dei procedimenti e delle indagini complessivamente «favorevole». Nicoletti, per sdebitarsi di questa “sponsorizzazione”, avrebbe garantito al procuratore «favori materiali come incarichi a suoi amici».

In effetti Amara ottiene due incarichi dall’Ilva. Per l’incidente mortale, del 2016, che ha coinvolto un operaio, l’avvocato siciliano viene nominato difensore di fiducia dell’Ilva e chiede al procuratore la nomina di Massimo Sorli come consulente tecnico che avrebbe dovuto svolgere un sopralluogo e connessi accertamenti presso l’impianto. Il procuratore avrebbe poi sollecitato i suoi sostituti a provvedere con massima «sollecitudine al dissequestro» dell’impianto, avvenuto tra l’altro in 48 ore sulla base dell’impostazione difensiva dell’Ilva «rivelatasi infondata».

Foto in copertina: FACEBOOK/PIERO AMARA

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