Israele volta pagina dopo 12 anni, addio al governo di Netanyahu. Oggi il voto in Parlamento per eleggere la coalizione per il cambiamento
Dopo oltre 12 anni al governo il premier israeliano Benjamin Netanyahu sta per essere sostituito. Oggi il nuovo governo di unità nazionale, messo insieme da Yair Lapid e Naftali Bennett, una coalizione di otto partiti che vanno dall’estrema destra all’estrema sinistra compreso un partito della minoranza araba, si presenterà di fronte alla Knesset per chiedere la fiducia. Se tutto andrà secondo i piani, Israele volterà pagina dopo l’era di «Re Bibi», ponendo fine a uno stallo politico che ha causato quattro elezioni in meno di due anni. Il governo sarà guidato dal nazionalista di destra Bennett che, nonostante non abbia le caratteristiche del leader politico che unisce gli opposti e trova la mediazione tra posizioni estreme, ha promesso di tracciare un nuovo corso volto a sanare le divisioni dello Stato ebraico.
La coalizione include anche Ra’am, un piccolo partito arabo che entra nella storia in quanto è la prima volta che un partito della minoranza arabo-israeliana – circa il 20% della popolazione – va al governo. Dalla «coalizione per il cambiamento» ci si aspetta che adotti un’agenda di compromesso, con provvedimenti economici legati alla ripresa dopo il Covid-19, evitando di entrare nel vivo dei temi che dividono la complessa società israeliana. Temi delicati che vanno dal rapporto tra Stato e religione, tra gruppi sociali, confessionali ed etnici, sperequazioni economiche e conflitto con i palestinesi. La prima sfida del governo Bennet sarà quella di concordare il nuovo budget (in stallo dal 2019), seguita da un pacchetto di riforme economiche e da investimenti nelle infrastrutture.
La coalizione ha una maggioranza minima (62 seggi su 120), i partiti hanno stabilito un programma che comprende 30 punti principali e un governo di circa 28 ministri. Le discussioni saranno complicate, se un partito o anche solo 2-3 parlamentari dovessero uscire dalla maggioranza il governo rischia di cadere. Netanyahu, che ha tutta l’intenzione di fare il leader dell’opposizione, è lì che aspetta questo momento. L’unica cosa su cui sono tutti d’accordo però è che l’ex-premier sottoposto a processi per corruzione deve lasciare la politica e vedersela con i tribunali, smettendo di tenere in ostaggio il paese. Perciò, finché Bibi rappresenta l’opposizione questa maggioranza incredibile e improbabile avrà sempre un motivo per restare unita.
Il conflitto con i palestinesi sarà amministrato, ma non risolto
Bennett è un nazionalista religioso che sostiene l’espansione degli insediamenti illegali e l’annessione di parti della Cisgiordania, e si oppone fermamente a qualsiasi richiesta di Stato palestinese. Tuttavia, non ha la maggioranza per portare avanti la parte più aggressiva del suo programma. Finché ha interesse a mandare avanti il governo non insisterà sui temi che rischiano di farlo cadere. Ciò significa che Israele continuerà con l’approccio di Netanyahu: gestire il conflitto senza impazzire per risolverlo. L’annessione della Valle del Giordano e un’invasione di Gaza resteranno fuori discussione, ma non ci saranno neanche concessioni significative ai palestinesi. Ogni governo israeliano ha ampliato gli insediamenti illegali nei territori della Cisgiordania e a Gerusalemme est, questo governo dovrebbe continuare a farlo, ma in modo più discreto, evitando di creare preoccupazioni all’amministrazione Biden che sta spingendo per un rilancio (l’ennesimo) dei colloqui di pace.
Nessun passo indietro con l’Iran
Il nuovo governo manterrà la linea dura sull’Iran, continuando a opporsi agli sforzi del presidente degli Stati Uniti Joe Biden per rilanciare l’accordo internazionale sul nucleare. I funzionari israeliani hanno fatto sapere in via ufficiosa che intendono agire dietro le quinte, evitando di portare allo scoperto la spaccatura come fece Netanyahu durante gli anni della presidenza Obama. Allo stesso tempo, il governo Bennet continuerà a lavorare con Biden per rafforzare le relazioni con i paesi arabi che hanno riconosciuto Israele, dopo lo sdoganamento ottenuto da Netanyahu e benedetto dall’amministrazione Trump con gli Accordi di Abramo.
Sanare le divisioni della società israeliana
L’impegno maggiore della coalizione del cambiamento sarà a livello nazionale. Dopo le tensioni violente tra ebrei e arabi israeliani scatenate dall’ultimo conflitto con Gaza e dalla decisione di formare questa maggioranza impensabile, il governo Bennet deve impegnarsi a sanare le divisioni tra ebrei e arabi, tra ebrei ultra-ortodossi e israeliani laici, tra ricchi e poveri. Tensioni ormai giunte a livelli insostenibili dopo essersi aggravate costantemente negli ultimi 10 anni. Quello di Mansour Abbas è il primo partito arabo a sedere in una coalizione. In cambio del suo aiuto per spodestare Netanyahu, Abbas dovrebbe assicurarsi un aumento del budget per alloggi, infrastrutture e forze dell’ordine nelle comunità arabe.
Una larga parte di cittadini arabi di Israele (non tutti) vive una condizione di esclusione sociale, ha legami familiari con i palestinesi e si identifica con la loro causa. La conseguenza è che molti ebrei israeliani guardano con sospetto a questi cittadini arabi di Israele. Sul fronte ebraico, il nuovo governo affronta l’ostilità della comunità ultra-ortodossa, fedeli sostenitori di Netanyahu. Durante la settimana del negoziato di coalizione, i leader ultra-ortodossi hanno condannato la decisione di Bennet chiedendogli di togliersi la kippah, lo zucchetto degli ebrei osservanti che il nuovo premier indossa costantemente.
Cosa farà Netanyahu?
Dopo un quarto di secolo passato a dominare la politica israeliana e a influire sulla scena internazionale, nonostante i 71 anni di età, nessuno si aspetta che Netanyahu si ritirerà a vita privata nella sua residenza estiva nella località mediterranea di Cesarea. Come leader dell’opposizione e capo del più grande partito nella Knesset e nel paese, Re Bibi continuerà a fare tutto ciò che è in suo potere per mantenere il consenso dell’opinione pubblica e far cadere il governo. Non può fare diversamente, l’unica speranza per evitare la condanna nei processi è tornare a essere premier e farsi concedere l’immunità dalla sua maggioranza. Netanyahu però deve anche affrontare una sfida all’interno del suo partito, il Likud, in cui gli esponenti sono ormai ben consapevoli che senza la polarizzazione intorno alla sua figura si potrebbe facilmente mettere insieme una solida maggioranza di destra. Ma Netanyahu mantiene ancora una forte presa sulle istituzioni del partito e sulla base, gli avversarsi non lo sfideranno finché la sua caduta non è assicurata.
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