L’ospedale smentisce i genitori sulla malattia ereditaria di Camilla Canepa. Oggi i Nas in procura
Oggi pomeriggio i carabinieri del Nas consegneranno alla procura di Genova le cartelle cliniche e la scheda anamnestica della vaccinazione di Camilla Canepa, la 18enne morta dopo l’immunizzazione con AstraZeneca. Mentre dietro il decesso prende corpo l’ipotesi di una reazione ai farmaci che la ragazza assumeva. La studentessa di Sestri Levante è morta giovedì dopo aver ricevuto la prima dose di Vaxzevria il 25 maggio scorso durante un Open day organizzato da Regione Liguria. Secondo le prime risultanze delle indagini il decesso è avvenuto a causa delle complicazioni dovute a una trombosi del seno cavernoso. Domani, 15 giugno, l’autopsia verrà affidata al medico legale Luca Tajana e all’ematologo Franco Piovella. Intanto però l’inchiesta coordinata dai pm Stefano Puppo e Francesca Rombolà del pool tutela salute guidato dal procuratore aggiunto Francesco Pinto lavora sulla piastrinopenia autoimmune familiare di cui Camilla avrebbe sofferto. E che l’aveva costretta a rivolgersi in due occasioni all’ospedale di Lavagna, che aveva inserito le sue cartelle cliniche nella relazione fornita al San Martino di Genova. Ma i genitori hanno negato, attraverso una nota stampa del loro avvocato Angelo Paone, che la ragazza soffrisse di malattie ereditarie.
Perché Camilla non doveva essere vaccinata con AstraZeneca
Di certo c’è che Camilla, se soffriva di una malattia autoimmune, non doveva essere vaccinata con AstraZeneca. Avrebbe dovuto essere inserita tra i soggetti fragili a cui somministrare Pfizer o Moderna dato che le piastrinopatie autoimmuni primarie croniche sono comprese nella tabella delle patologie del ministero della Salute. E avrebbe dovuto scegliere il vaccino adatto dopo un consulto con il medico di base, il quale a sua volta avrebbe dovuto segnalare le sue esigenze ai centri vaccinali. Secondo le prime indagini Camilla avrebbe assunto due farmaci il 29 maggio, quattro giorni dopo la vaccinazione con AstraZeneca. Si tratta di due ormoni, Progynova e Dufaston, utilizzati da 40 anni come terapia per le donne che non li producono o perché in menopausa o perché in amenorrea (ovvero senza ciclo) in età fertile. L’ematologo incaricato dalla procura dovrà fare luce su se e come abbiano interagito con il vaccino.
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