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«Dall’ospedale di Lavagna esami incompleti»: i presunti errori dei medici al centro delle indagini sulla morte di Camilla Canepa

La 18enne sarebbe stata sottoposta a una Tac senza liquido di contrasto. In contraddizione con le linee guida dell'Aifa

Una Tac senza liquido di contrasto al centro delle indagini sulla morte di Camilla Canepa. La 18enne deceduta dopo la vaccinazione con AstraZeneca sarebbe stata sottoposta a un esame incompleto nel nosocomio di Lavagna, dove era arrivata nel tardo pomeriggio del 3 giugno dopo aver manifestato sintomi come cefalea e fotosensibilità. E questo contraddice le linee guida dell’Aifa sulle complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti Covid-19 con Vaxzevria. Secondo gli investigatori l’ospedale non avrebbe seguito la procedura corretta, avrebbe effettuato «risicate consulenze scientifiche» e l’avrebbe mandata a casa dopo uno scarso periodo di osservazione.

L’ospedale di Lavagna ha sbagliato nella prima diagnosi su Camilla Canepa?

A parlare dell’inchiesta sulla diciottenne morta dopo la vaccinazione con AstraZeneca è oggi La Stampa. Tutto parte dal momento in cui Camilla raggiunge il pronto soccorso di Lavagna. Alla ragazza è stata diagnosticata una piastrinopenia di matrice ereditaria (contestata dalla famiglia) ed era stata riscontrata l’assunzione nei giorni precedenti di farmaci per una cura ormonale. Il 25 maggio precedente aveva ricevuto il vaccino AstraZeneca e il valore delle piastrine, come certificato dalle cartelle cliniche acquisite dai carabinieri, era inferiore al range di normalità. I sanitari hanno eseguito una Tac, come prescritto dalle linee guida dell’Aifa: «Nel sospetto di trombosi dei seni venosi cerebrali l’esame di prima scelta è oggi l’angio-Tac, indicando al medico neuroradiologo il medesimo sospetto clinico così da poter studiare correttamente, con il mezzo di contrasto, i distretti venosi».

Ma senza utilizzare il liquido di contrasto. C’è da dire che l’impiego del liquido di contrasto è sconsigliato perché «potrebbe avere effetti collaterali in persone affette da patologie croniche che espongono a un maggior rischio di complicanze, soprattutto a carico dei reni: diabete, insufficienza renale, insufficienza epatica e mieloma». Gli investigatori concentrano poi l’attenzione sulla brevità della permanenza in osservazione dopo il primo accesso. E le “risicate consulenze specifiche” in presenza di sintomi evidenziati come sospetti dall’Aifa nelle sue circolari.

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