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Merkel discreta, Draghi pragmatico, Macron ostile. Così i leader Ue alla prova del nuovo atlantismo firmato Biden

17 Giugno 2021 - 07:01 Federico Bosco
Si è conclusa la missione diplomatica in Europa del presidente degli Stati Uniti. Risultati, sfide, vincitori e perdenti della nuova alleanza Ue-Usa (in funzione anti-cinese)

La missione in Europa del presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è conclusa. Venerdì, sabato e domenica scorsi è stato nel Regno Unito per il G7 di Carbis Bay, lunedì e martedì a Bruxelles per il summit della Nato e il vertice con l’Unione europea, e infine mercoledì a Ginevra per il faccia a faccia con il presidente russo Vladimir Putin. La missione è servita a rilanciare a tutto campo l’alleanza USA-Europa dopo che l’amministrazione Trump aveva ridicolizzato il multilateralismo sprecando quella che è la più grande risorsa strategica degli USA: la fitta rete di alleanze e relazioni internazionali, tra l’hard-power delle forze armate e dell’interscambio commerciale, e il soft-power dei legami storici e culturali. Tutti i vertici hanno sottolineato l’importanza di ricompattare le alleanze dei paesi democratici, evidenziando le preoccupazioni per le aspirazioni della Russia e soprattutto per l’ascesa della Cina, paesi descritti come le principali insidie per tutti i format. Biden ha portato agli alleati due messaggi principali: il primo è che «l’America è tornata», l’epoca di Donald Trump è definitivamente consegnata al passato come un incidente da non ripetere; il secondo è che bisogna unirsi per contrastare le nuove minacce (che poi sono quelle di sempre), mettendo da parte le divergenze. 

Il messaggio agli alleati è chiaro: il nemico è la Cina

Nel documento del G7 è stata sottolineata l’importanza della libertà di navigazione nell’Indo-Pacifico citando anche l’importanza di mantenere la pace e la stabilità attraverso lo stretto di Taiwan. Per la Cina, l’isola-stato è una sua provincia ribelle, ed è la prima volta che il G7 la menziona in un documento ufficiale. Pechino ha risposto con 28 caccia entrati nello spazio della difesa aerea di Taiwan per un’azione dimostrativa, la più grande incursione segnalata finora dopo quelle dei mesi scorsi. Anche il comunicato del summit Nato ha menzionato la Cina inserendola nella strategia per il 2030, ma evitando di menzionare Taiwan. Tuttavia, la posizione sulla Cina dei 27 Stati membri dell’Ue, e di Francia, Germania e Italia (i tre nel G7), è meno ostile di quella degli USA. Tutti sono d’accordo sul fatto che le differenze nel campo della libertà, democrazia, diritti umani sono profonde, ma rimane la volontà – soprattutto per Germania e Francia – di mantenere floridi i rapporti commerciali. Il mercantilismo dell’Ue non si sposa con l’idea di un commercio basato su valori e diritti umani. Inoltre, e questo è più comprensibile, i paesi europei si guardano bene dal farsi trascinare in uno scontro militare con la Cina.

La posizione del G3 dell’Unione europea

Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto a Biden che l’Ue ha bisogno della sua indipendenza quando si tratta di strategia sulla Cina, e si oppone alla logica della nuova guerra fredda sostenendo, che l’Ue non è un oggetto, ma un soggetto della politica internazionale. Macron ha inoltre ricordato a Biden che la missione della Nato è proteggere il territorio europeo. La Cancelliera Angela Merkel, più discreta visto che si tratta degli ultimi mesi della sua carriera (a settembre lascia la politica), ha chiesto che con la Cina si mantenga «una posizione equilibrata». Il premier italiano Mario Draghi, persona esperta ma nuova nel ruolo di leader di governo, ha mostrato una linea più netta e pragmatica. Draghi ha detto che il G7 deve essere molto franco nel marcare le differenze tra Occidente e Cina, affermando chiaramente che la Repubblica Popolare è un’autocrazia che non aderisce alle regole multilaterali, e non condivide la stessa visione del mondo delle democrazie. Parole seguite dall’annuncio che Roma intende rivedere «attentamente» il memorandum sulla Nuova via della Seta firmato dal governo giallo-verde del Conte I.

La nuova stabilità strategica di USA e Russia

Biden ha chiuso la missione incontrando Putin. I presidenti hanno detto che apriranno un dialogo bilaterale sulla stabilità strategica. Con Biden la Russia torna a essere riconosciuta come «una grande potenza», un nemico rispettato con cui avere un canale di consultazione, a partire dal nuovo terreno di scontro del cyberspazio. Anche se Putin ha ottenuto quello che voleva senza cedere praticamente su niente, il viaggio di Biden sarà considerato un successo per la politica estera USA, ora tutta l’attenzione può spostarsi sulla Cina ed è difficile immaginare un incontro simile a quello di ieri a Ginevra con il presidente cinese Xi Jinping, almeno per ora. Per l’Europa significa che presto sarà il momento di passare dalle foto con sorrisi e strette di mano alle azioni concrete. La retorica anti-cinese degli USA aumenterà, e per gli europei non sarà più solo una questione di economia e interscambio commerciale, ma di conflitto strategico, a partire dal cyberspazio europeo e dalle telecomunicazioni.

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