Origine Covid, la tecnica di manipolazione genetica e l’ipotesi del virus creato in laboratorio
La Pandemia Covid19 ha introdotto nuovi termini nel mondo della comunicazione, in passato estremamente rari e di nicchia nelle rispettive aree di competenza. Molta è stata la confusione, presente tutt’ora, nel comprendere la differenza tra un virologo, un epidemiologo, un infettivologo e un genetista, mentre quello che ha maggiormente coinvolto il tema sull’origine del virus è la cosiddetta gain of function (GoF), o guadagno di funzione in italiano. Di che cosa si tratta? Siamo stati abituati a considerarla una tecnica utilizzata per modificare i patogeni rendendoli più contagiosi, o addirittura delle vere e proprie armi biologiche, ma il tema è molto più complesso quanto affascinante. Ampiamente contestata in passato, proprio per i possibili sviluppi negativi che poteva portare mettendo a rischio la salute umana, la ricerca sul guadagno di funzione venne sostanzialmente ostacolata negli Stati Uniti quando nel 2014 il Governo americano decise di sospendere i finanziamenti. Ecco, sono proprio gli americani ad avere un problema e riguarda il mancato controllo della ricerca privata, quella non sovvenzionata dal Governo, e l’assenza di trasparenza nel processo di valutazione.
Che cos’è il guadagno di funzione
Vengono definite guadagno di funzione, in inglese gain of function (GoF), quelle tecniche volte a modificare geneticamente un patogeno al fine di fornirgli delle nuove capacità. Un esempio di guadagno di funzione è quello svolto tra il 1978 e il 1979, quando venne modificato geneticamente un batterio affinché producesse insulina umana. La buona riuscita dell’esperimento portò nel 1982 all’utilizzo dell’insulina umana per il trattamento dei diabetici.
Il virus “chimera” del 2015
Vi ricordate del famoso servizio di TGR Leonardo diffuso per alimentare le credenze che il coronavirus modificato in laboratorio nel 2015 fosse proprio il Sars-Cov-2? Si trattava di un altro virus, soprannominato “chimerico” in quanto costruito in laboratorio da un altro già esistente, uno studio autorizzato dall’NIH e condotto negli Stati Uniti. Non a Wuhan, come teorizzava qualcuno siccome lo studio presentava la firma di Shi Zhengli, la virologa cinese soprannominata batwoman e ampiamente tirata in ballo dai sostenitori della teoria del virus creato in laboratorio. Shi non aveva neanche lavorato nel laboratorio della Carolina del Nord durante la creazione del virus “chimerico” al contrario del suo collega e co-firmatario dello studio su Nature, l’epidemiologo Ralph Baric.
Perché migliorare un virus?
Questo genere sperimentazioni non sono affatto nuovi, vengono condotti da decenni e attraverso l’uso di diverse tecniche. Gli studi condotti attraverso questa procedura, così come quella contraria della perdita di funzione, vengono utilizzati nel campo della virologia «per comprendere la biologia, l’ecologia e la patogenesi dei virus», in modo da comprendere la loro composizione genica e le «specifiche dell’interazione virus-ospite». Dunque? Ebbene, le conoscenze ottenute permettono ai ricercatori di sviluppare vaccini e terapie utili per contrastare una eventuale futura epidemia causata da un virus simile a quelli studiati.
Le linee guida P3PO
Nel 2017 vennero approvate delle linee guida, note come P3CO framework (Potential Pandemic Pathogens Control and Oversight), per questo genere di ricerche negli Stati Uniti, dove ogni agenzia sotto il controllo dell’HHS, dell’NIH e di tutti gli istituti di ricerca sono tenuti a sottostare per ottenere le autorizzazioni e i finanziamenti. C’è un’ulteriore criticità nel sistema americano: la totale mancanza di trasparenza, sui nomi del comitato di revisione e sui criteri di valutazione.
L’assenza di trasparenza
Durante l’ultimo meeting del National Science Advisory Board for Biosecurity (NSABB), tenutosi nel gennaio 2020, Tom Inglesby della Johns Hopkins University aveva criticato proprio la mancanza di trasparenza nella valutazione e della composizione del comitato revisore del P3CO, raccomandando l’HHS (il Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti) di pubblicare tutte le informazioni al fine di fornire al pubblico la possibilità di commentare i risultati di ciascuna revisione prima ancora che lo stesso ente proceda con il finanziamento della ricerca.
Gli esempi positivi del guadagno di funzione
Al di là delle criticità, non c’è una posizione unanime nel voler impedire questo genere di ricerca. In un mondo ideale si punterebbe solo ed esclusivamente all’obiettivo di poter fornire delle risposte utili nel contrastare future epidemie o malattie infettive pericolose per l’uomo, ma non solo. Alcuni esperimenti basati sul guadagno di funzione hanno permesso di scoprire il vaccino contro la febbre gialla, così come la creazione di un virus capace di attaccare le cellule tumorali. Questi ultimi vengono definiti virus oncolitici che infettano la cellula, per poi ucciderla, rilasciando antigeni cancerogeni, una terapia approvata dalla FDA nel 2015 contro il melanoma.
Covid e il laboratorio, a che punto stiamo?
La teoria del laboratorio è di fatto quella più semplice da immaginare, siccome Wuhan si trova proprio l’istituto di virologia munito di un laboratorio BSL 4 di massima sicurezza. Benché la maggior parte degli scienziati sostenga che il Sars-Cov-2 sia di origine naturale, l’ipotesi della sua creazione in laboratorio continua a farsi sentire nell’ultimo periodo per via delle indagini richieste da Joe Biden e dalle recenti notizie gonfiate (o infondate) diffuse dai media, tra questi una televisione australiana per la promozione di un libro sull’origine della Covid. Al momento non c’è alcuna prova schiacciante a favore di una o dell’altra teoria, e forse ci vorranno anni prima di trovare una “pistola fumante” che fornisca finalmente risposta e faccia tacere le speculazioni sulla Pandemia.