Via al Green Pass europeo. Dai modi per ottenerlo alla durata: guida completa al certificato per viaggiare in Ue
Viaggi all’estero, discoteche, festival, cerimonie. La strada verso il ritorno alla normalità continua ad arricchirsi di nuove tappe, grazie al Green Pass. Un nome già entrato nella quotidianità degli italiani dal 15 giugno scorso, quando grazie alla carta verde nazionale Covid-19 si è ricominciato a parlare di matrimoni, discoteche e viaggi tra Regioni. Oggi 1° luglio, alla carta verde italiana che aveva anticipato la decisione internazionale, si aggiunge quella europea. Il pass verde disponibile per ogni cittadino rimarrà comunque uno solo, ma ora consentirà di viaggiare verso tutti i Paesi dell’Ue e dell’area Schengen, varianti permettendo. Per richiedere il Green Pass europeo bisogna: aver completato il ciclo vaccinale con entrambe le dosi, aver contratto Covid-19 entro gli ultimi 6 mesi ed esserne guarito, o aver effettuato un tampone molecolare da meno di 48 ore ed essere risultato ovviamente negativo. L’intesa su scala comunitaria punta ad agevolare il turismo della stagione estiva ormai in corso e ad abbandonare vecchie restrizioni come quarantene o, nel caso dei vaccinati, obbligo di tampone.
Come ottenere il Green Pass europeo
Il Green Pass Covid-19 si può ottenere in 5 modi:
- Tramite il sito nazionale dedicato www.dgc.gov.it. Dopo aver effettuato la vaccinazione, attualmente per l’Italia anche dopo la prima dose, il cittadino viene informato della disponibilità del Green pass con un sms o una mail contenenti un codice di autenticazione. Il codice a barre bidimensionale (QR code) si presenta con una firma digitale del Ministero della Salute per impedirne la falsificazione e potrà essere anche stampato. Dopo l’sms o la mail di avviso, ci si potrà collegare al sito tramite identità digitale (Spid) oppure con tessera sanitaria, e dopo aver inserito il codice ricevuto in precedenza, si potrà scaricare immediatamente la certificazione di Green Pass.
- Tramite Immuni con un procedimento simile a quello adottato sul sito dedicato. La versione 2.5.0 dell’app introduce una nuova sezione che si chiama “EU Digital Covid Certificate“, all’interno della quale è possibile caricare il proprio certificato verde.
- Tramite App IO. Basterà installare l’app o aggiornarla accettando i nuovi termini e condizioni. Si potrà scaricare il Green Pass Covid-19 muniti di carta di identità elettronica rilasciata dal proprio comune di residenza o di un account Spid, il sistema pubblico di identità digitale che può essere attivato sul sito spid.gov.it.
- Tramite Fascicolo sanitario elettronico, a cui si può accedere in modalità differenti a seconda della propria Regione o Provincia autonoma di appartenenza. Dopo aver effettuato l’accesso il proprio fascicolo avrà i documenti già caricati dall’Azienda sanitaria di riferimento con eventuale tampone negativo, attestazione di avvenuta vaccinazione o di avvenuta guarigione.
- Tramite medico di base, pediatri o farmacie. Una strada pensata per chi non ha dimestichezza con gli strumenti digitali e che munito di tessera sanitaria potrà rivolgersi ai propri medici di fiducia.
Quanto dura
- Per i vaccinati sarà valido 15 giorni dopo l’immunizzazione per 9 mesi
- Per chi si sottopone al tampone durerà 48 ore in caso di test antigenico, 72 ore in caso di molecolare
- Per chi ha contratto il virus varrà 180 giorni dall’11esimo giorno successivo al primo test positivo
La questione italiana ancora da risolvere
Quando ad aprile il governo italiano discuteva per la prima volta di un Green Pass nazionale, invogliare la popolazione alla vaccinazione era sembrata la massima priorità. Per questo la decisione fu quella di concedere la carta verde dal 15esimo giorno successivo alla somministrazione della prima dose. Una scelta diversa da quella adottata dall’Unione europea, che dal 1° luglio concederà il passaporto vaccinale solo a chi ha ricevuto entrambi le dosi di vaccino anti Covid. La differenza sta nella percentuale di copertura garantita contro il virus e le sue varianti, un aspetto da non sottovalutare soprattutto se si parla di viaggi e spostamenti.
La questione è complessa su due livelli differenti. Il primo, e quello sicuramente più temibile, è quello sanitario. La variante Delta rischia di portare a un nuovo pericoloso rialzo dei contagi, lo stesso con cui il Regno Unito si trova già a dover fare i conti. «Sul Green pass abbiamo deciso due mesi fa con le informazioni che avevamo allora» dice Sergio Abrignani del Comitato tecnico scientifico, «ma la notizia che una sola dose non basta con la variante Delta è di pochi giorni fa, sono sicuro che ci sarà una revisione di questa decisione». Gli esperti ne fanno una questione di dati. Ma è pur vero che la raccomandazione di completare il ciclo vaccinale al fine di essere più forti contro qualsiasi tipo di variante di Covid-19 non è certo una novità degli ultimi giorni. Se poi la concessione da fare riguarda discoteche e cerimonie, le stesse fucìne di focolai della scorsa estate, il tutto diventa ancora più delicato. Nel 2020 certo non c’erano i vaccini, ma è anche vero che oggi si lotta con un nemico in più, le varianti.
Ad aprile il pass accessibile a tutti gli immunizzati per metà aveva l’obiettivo non solo di promuovere la vaccinazione ma anche di consentire in generale maggiore libertà. Il pensiero era andato ad esempio ai vaccinati con AstraZeneca, con un secondo richiamo previsto dopo tre mesi dalla prima iniezione. Aspettare la seconda dose avrebbe costretto quei cittadini ad aspettare 90 giorni prima di avere il documento e quindi prima di poter tornare in una discoteca, a un evento, o spostarsi da una Regione all’altra. Sperare che una sola dose di vaccino possa contrastare le varianti vuol dire correre un rischio. Lo stesso rischio che il Regno Unito ha deciso di correre nei primi atti della sua campagna vaccinale, somministrando la prima dose di AstraZeneca a quante più persone possibili trascurando i richiami. Ritrovandosi, mesi dopo, con una capacità di risposta da parte del sistema immunitario del tutto insufficiente a soppiantare le varianti che si sono susseguite: dalla “Alfa”, prima chiamata “inglese”, e dalla “Delta”, attualmente la più diffusa del Paese.
Ora l’Italia medita di allinearsi all’Europa, dando il pass solo a chi ha fatto il richiamo. Ma cosa si fa con i più di 13 milioni di italiani che hanno scaricato il certificato dopo aver ricevuto la prima dose? Gli verrà comunque riconosciuto all’estero? Potranno lo stesso andare in discoteca nonostante una copertura immunitaria contro la variante Delta insufficiente? Gli verrà tolto? Il Ministero della Salute con il ministro Roberto Speranza prende tempo, il Comitato tecnico scientifico per ora non commenta e il sottosegretario Pierpaolo Sileri invita a un urgente cambio di rotta.
Il vuoto dei vaccinati all’estero
Per i vaccinati all’estero sono due i casi che ad oggi, giorno dell’ufficiale entrata in vigore del Green Pass europeo, continuano a destare dubbi di gestione. Chi da cittadino italiano ha avuto la prima dose in un Paese extra Ue per motivi di lavoro o di studi e ora vuole il Pass italiano e chi ha fatto la prima dose all’estero, Europa compresa, e vuole proseguire il ciclo vaccinale in Italia con la seconda dose. Secondo il Dpcm del 17 giugno per le persone che si trovano nei due casi descritti sarebbe necessario farsi convalidare i certificati vaccinali dagli Usmaf italiani, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, oppure dalla rappresentanza diplomatica italiana presente nel Paese in cui hanno ricevuto il vaccino. L’iter sarebbe dunque stabilito se non fosse che, al momento, non sembra essere partito alcun sistema di convalida e che nessuno dei vaccinati all’estero abbia ricevuto indicazioni precise su come poter ottenere il pass.
L’allarme degli aeroporti
Il Consiglio internazionale degli Aeroporti ha avvertito con una lettera i leader dell’Unione europea riguardo al rischio caos negli aeroporti per l’entrata in vigore del Green Pass. «Con l’aumento del traffico passeggeri nelle prossime settimane, il rischio è reale», si legge nella missiva diffusa dall’agenzia americana Reuters. «I certificati digitali sono progettati per mostrare, tramite codici QR, se i passeggeri sono completamente vaccinati, hanno l’immunità dovuta al recente recupero da COVID-19 o hanno avuto un test negativo. Il punto è che richiedono controlli aggiuntivi e l’attrezzatura giusta per leggere i codici».
La lettera continua affermando che «l’unico modo per evitare enormi code e ritardi durante l’alta stagione estiva è implementare un sistema in base al quale sia il certificato di vaccinazione che i moduli per la localizzazione dei passeggeri vengono elaborati a distanza prima che il passeggero arrivi in aeroporto». Il gruppo aeroportuale ACI e gli organismi rappresentativi delle compagnie aeree A4E, IATA ed ERA inoltre suggeriscono di effettuare i controlli solo nel paese di partenza e non all’arrivo, con l’impegno dei governi nazionali «nel gestire i dati sanitari e fornire attrezzature per controllare i codici QR». Ci sarà da prepararsi bene, dunque, o il rischio è di rendere ancora più complicata una ripartenza attesa ormai da troppo tempo.
«Un alto livello di frammentazione e differenze nell’attuazione del Certificato digitale Covid-19 così come la continua duplicazione dei controlli dei documenti in diversi stati è allarmante» ha affermato il direttore generale di Aci Europe Olivier Jankovec, sottolineando come la quantità di verifiche «ancora eseguite manualmente negli aeroporti» renda il tutto ancora più complicato. «Il tempo passato negli aeroporti durante un viaggio è raddoppiato a 3 ore da un’ora e mezza prima della pandemia» continua, «se non venissero apportate modifiche e la capacità tornasse ai livelli pre-COVID, ciò potrebbe teoricamente aumentare fino a 5 o addirittura 8 ore, inaccettabili».
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