Quei 13 milioni di euro che ballano nella scissione del M5s prossima ventura
Giuseppe Conte è pronto al passo d’addio. E con lui ci sono un centinaio di parlamentari. Ma anche quasi 13 milioni di euro. Ovvero i rimborsi ai gruppi della Camera e del Senato che andranno divisi tra il nuovo partito dell’ex premier e il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Mentre è ancora incerto il destino di Luigi Di Maio, l’ex capo politico che non ha ancora deciso se schierarsi con il Garante o l’Avvocato del Popolo. Mentre l’arrocco di Vito Crimi, che ieri dopo le minacce di Grillo ha convocato il voto per il nuovo comitato direttivo su SkyVote rischia di aprire un nuovo contenzioso giudiziario dall’esito imprevedibile. Così come rischia di finire in tribunale la querelle sull’uso del simbolo M5s. La decisione di Crimi su SkyVote è la risposta dei contiani a Grillo. Il Garante nel post in cui congedava l’ex premier aveva convocato il voto per il Comitato direttivo su Rousseau. E lo aveva fatto forte dei consigli degli avvocati che lo stanno seguendo, i quali hanno fatto notare al Garante che effettuare la consultazione su un’altra piattaforma avrebbe esposto il MoVimento a ricorsi in tribunale per la sua invalidazione, visto che l’attuale Statuto stabilisce che si debba utilizzare Rousseau sia per il voto che per la verifica dei votanti.
Crimi, che aveva già contestato nei giorni scorsi la scelta della piattaforma di Casaleggio, ha risposto con la convocazione del voto su SkyVote. E non è difficile comprenderne il perché: mentre per bloccare la consultazione su Rousseau i contiani avrebbero dovuto portare Grillo in tribunale, ora sarà il Garante a doverlo fare. E quindi sarà lui, eventualmente, a fare la figura del “cattivo” con la base. D’altro canto pare già tramontata anche l’altra mossa che i fedeli di Conte avevano in mente. Ovvero quella di sfiduciare il Garante e cacciare (di fatto) Grillo dal M5s. Forse perché si sono resi conto che lo Statuto che loro stessi hanno approvato rende il tutto una mission impossible. E rischia anche di far finire loro fuori dal MoVimento.
Il partito di Conte al 15%?
Il Corriere della Sera spiega oggi che l’opzione più semplice rimane quella di una scissione, che porterebbe da una parte il M5s guidato da un comitato direttivo (per il quale si fanno i nomi di Dino Giarrusso e Danilo Toninelli) e dall’altra i contiani. Che già cominciano a contare i fedelissimi in alcune regioni come la Sicilia. Ma rimane il problema dei parlamentari: «Chi ha già trattato singolarmente con l’ex premier e chi ha la forza di presentarsi co- me gruppo numericamente importante è tranquillo — assicura al quotidiano una fonte interna — mentre i peones che abbracciano la causa senza garanzie si stanno, politicamente parlando, condannando a morte, a un futuro solo di incognite».
A fomentare gli animi ci sono anche i sondaggi come quello citato oggi dal Fatto Quotidiano, che vede il partito di Conte accreditato della percentuale-monstre del 15%. Ottenuta “rubando” voti proprio al M5s (che rischia di scendere al di sotto del 10) e al Partito Democratico (che arriverebbe al 14%). E questo perché Conte gode di un indice di fiducia altissimo: è al 44%, secondo solo a Mattarella e Draghi. Ma c’è anche chi contesta questo scenario idilliaco: «Una divisione farebbe male a entrambi, perché rischierebbero solo di spartirsi l’attuale 16,5% dei 5 Stelle, con un 8% a testa. L’ex premier gode ancora della fiducia di molti italiani (53%), ma da qui a fare un nuovo partito ce ne corre. Meglio fare la pace e andare avanti insieme», sostiene Nicola Piepoli.
I 13 milioni di euro
Ma sempre il Corriere aggiunge che c’è un altro problema sul tavolo. Ovvero quello dei 12,6 milioni di euro di rimborsi ai gruppi parlamentari che oggi costituiscono la maggiore fonte di sostentamento dell’attività politica dei grillini e che, visto che vengono percepiti in base al numero degli eletti, andrebbero divisi tra chi sta con Conte e chi sta con Grillo. E che oggi servono anche per pagare i 130 dipendenti che consentono il funzionamento della macchina legislativa del MoVimento. In caso di scissione molti di loro rischiano di essere licenziati. Oppure di finire divisi tra i due partiti.
Ma i problemi di soldi non finiscono qui. Perché anche l’ex premier, per porre le basi del suo nuovo partito, ha bisogno di denaro. Che potrebbe arrivare attraverso finanziamenti privati. Ma questo presterebbe il fianco alle critiche di chi – i grillini fedeli a Beppe – quei soldi li ha sempre rifiutati in nome della trasparenza. E poi c’è il problema del nuovo gruppo parlamentare in Senato. Per nascere, secondo le regole, ha bisogno di apparentarsi con un simbolo che si è presentato alle elezioni. Secondo alcuni indiscrezioni potrebbe essere il Maie (Movimento Associativo Italiani all’Estero). Ma seguire questa strada vorrebbe dire per Conte fare la stessa cosa che fece a suo tempo Matteo Renzi, che utilizzo quello del Partito Socialista. Conte come Renzi, quindi. Una bella nemesi per l’Avvocato del Popolo.
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