Santa Maria Capua Vetere, altre 25 sospensioni tra dipendenti e dirigenti. E a Roma spunta uno striscione: «Mele marce? Abbattiamo l’albero»
La spedizione punitiva contro i detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere continua a lasciare strascichi nel mondo penitenziario italiano. Dopo la sospensione ordinata dal ministero della Giustizia di 52 dipendenti, arrivano 25 nuovi provvedimenti nei confronti di altre persone coinvolte nei pestaggi e nei tentativi di insabbiamento dell’accaduto. Tra loro, ci sono anche i due vicedirettori della casa circondariale e il vicecomandante della polizia penitenziaria. I fatti dello scorso 6 aprile 2020, assurti alle cronache oltre un anno dopo, hanno innescato, poi, un clima di odio nei confronti degli agenti. Nella mattina di oggi, 3 luglio, è stato individuato e rimosso da un cavalcavia di Roma uno striscione siglato dal movimento anarchico: «52 mele marce? Abbattiamo l’albero!». L’Uspp, il sindacato della polizia penitenziaria, sull’accaduto scrive: «Lo striscione apparso è solo uno dei segnali di pericolo che deve far riflettere chi continua a pubblicare foto nomi e indirizzi di persone appartenenti a un’istituzione dello Stato che in questo modo di processo pubblico rischiano la reazione di appartenenti alla criminalità, mentre vanno giudicati nelle aule di giustizia».
«Troppa attenzione mediatica rischia di generare pericoli anche per la tenuta del sistema carceri dove, fino a prova contraria, è la polizia penitenziaria a mantenere l’ordine, la sicurezza e la legalità», aggiungono il presidente del sindacato, Giuseppe Moretti, e il segretario regionale per la Campania, Ciro Auricchio. Intanto, da ambienti interni alla polizia penitenziaria, si apprende di una raccomandazione che sta circolando in queste ore tra gli agenti: «Per la nostra incolumità ci stanno consigliando di recarci al lavoro indossando non la divisa, ma abiti civili, visto che nei giorni scorsi alcuni agenti della polizia penitenziaria sono stati oggetto di insulti in strada. Non siamo tutte mele marce – rimarca un poliziotto che ha parlato alle agenzia di stampa -. È giusto che chi ha sbagliato paghi, ma tra noi ci sono tantissimi colleghi che onorano la divisa e che ora temono per la propria incolumità».
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