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Incidente sul Garda, chiesto l’arresto per uno dei due turisti tedeschi. Il 52enne era ai comandi del motoscafo

03 Luglio 2021 - 09:30 Redazione
I due turisti che lo scorso 19 giugno hanno speronato la piccola imbarcazione di Umberto Garzarella e Greta Nedrotti provocandone la morte, sono già rientrati in patria. La Procura ha firmato un mandato di arresto europeo

Dalla Procura di Brescia arrivano nuovi sviluppi sulla tragedia del lago di Garda, dove lo scorso 19 giugno due turisti tedeschi, a bordo di un motoscafo, hanno travolto la piccola imbarcazione di Umberto Garzarella e Greta Nedrotti, rimasti uccisi nello schianto. Per uno dei due indagati, ai comandi del motoscafo, la Procura ha chiesto l’arresto con l’accusa di rischio di reiterazione del reato e pericolo di fuga. I due turisti risultano già rientrati in patria. È per questo che alla richiesta di arresto, già accolta dal gip del tribunale di Brescia, si è aggiunto un mandato di arresto europeo firmato dalla Procura, che ora dovrà essere valutato da un giudice del tribunale di Monaco di Baviera. Il destinatario del mandato è il tedesco che, in un video agli atti, si vede barcollare sulla barca fino a cadere in acqua. Lo stesso aveva accettato di sottoporsi all’alcoltest, risultato poi negativo, al contrario dell’amico, proprietario del motoscafo, che invece aveva rifiutato il test dell’alcol.

La tragedia

Erano quasi le 5 di mattina quando tra Salò e San Felice del Benaco, sulla sponda bresciana del lago di Garda, è stato trovato il cadavere di Umberto Garzarella su una barca che aveva danni da urto. Sull’imbarcazione dove è stato trovato il corpo erano presenti anche abiti femminili appartenenti a un’altra persona, Greta Nedrotti. Ritrovato senza vita ore dopo nelle acque del Lago di Garda, il corpo della giovane 25enne si è presentato con le gambe parzialmente amputate per la violenza dell’impatto. Secondo la ricostruzione, i due turisti si sarebbero schiantati contro l’imbarcazione dei due giovani ragazzi e poi sarebbero scappati senza chiamare i soccorsi. «Abbiamo sentito un colpo, ma pensavamo di aver impattato un tronco, oppure una boa. Abbiamo rallentato ma era buio e non abbiamo visto niente. Così siamo tornati nel rimessaggio», si sono difesi i due davanti agli inquirenti.

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