Concorso per il Sud, Emiliano: «Va rifatto: lo Stato deve pagare meglio i laureati»
Non ha dubbi il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che, commentando a Il Mattino, il flop del Concorso per il Sud (821 assunzioni a fronte di 2.800 profili ricercati), tuona: «Il segnale probabilmente indica che la pubblica amministrazione non è più così attrattiva se il livello di remunerazione non è sufficientemente elevato». Insomma, se si vogliono “attrarre” professionisti con elevate competenze bisognerebbe da una parte aumentare gli stipendi, dall’altra garantire contratti più stabili, non a tempo determinato per pochi anni, come sta accadendo con il Concorso per il Sud a cui hanno partecipato in pochissimi.
La proposta di Michele Emiliano: rifare il Concorso per il Sud ma pagando meglio i professionisti
«Se si facesse un concorso a tempo indeterminato per tecnici e volessimo selezionare le migliori professionalità, dovremmo pagarli bene perché di laureati bravi ce ne sono tantissimi e potrebbero dare un contributo straordinario. Ma dovremmo immaginare un inquadramento salariale più adeguato», ha aggiunto Emiliano. Circostanza che il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta conosce bene: il motivo del flop, anche secondo lo stesso ministro, sarebbe da ricercare negli stipendi offerti (medio-bassi) e soprattutto nella tipologia di contratto (a tempo determinato). Una scelta che prese il precedente governo. «Bisogna capire se c’è una spinta dei giovani ad auto imprendere o a lavorare nel settore privato piuttosto che ad avere il cosiddetto posto fisso nel pubblico», ha ribadito il governatore della Puglia. Nel caso del bando per il Sud, però, come documentato da Open, ha inciso anche la volontà di molti neolaureati di non partecipare nemmeno al concorso, considerando la valutazione di titoli di studio ed esperienza professionale in fase di preselezione. Scoraggiati alla partenza.
Il south working
Secondo Emiliano, poi, grazie alla pandemia del Coronavirus, c’è un altro aspetto che andrebbe approfondito e che potrebbe portare a un aumento dell’occupazione al Sud. Nell’ultimo anno si è scoperto, ad esempio, che alcuni lavori possono essere svolti da remoto e che, dunque, non è più necessario affollare le grandi città, come Milano e Roma, per poter lavorare. «L’esperienza della pandemia ha portato a un aumento del lavoro di back office che può essere fatto dalle regioni del Mezzogiorno per la gestione di clienti che si trovano anche fuori regione», ha spiegato. È il cosiddetto south working, un fenomeno che «potrebbe spostare qui (nel caso specifico in Puglia, ndr) tanti lavoratori».
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Foto in copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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