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Giusy Vitale: chi è la pentita arrestata per traffico di droga nell’operazione Gordio

05 Luglio 2021 - 07:22 Redazione
giusy vitale
giusy vitale
Era diventata collaboratrice di giustizia e aveva messo nei guai i fratelli con le sue confessioni. Oggi è accusata di traffico di stupefacenti

I carabinieri del Comando provinciale di Palermo e la Direzione Investigativa Antimafia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 85 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, reati in materia di armi, estorsione e corruzione. Sono 63 le persone portate in carcere, 18 agli arresti domiciliari e 4 sottoposte a obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Tra questi c’è anche Giusy Vitale, sorella dei capi del mandamento mafioso di Partinico Leonardo e Vito e poi passata alla guida del clan. Giusy Vitale era diventata una collaboratrice di giustizia, ma per i pm oggi sarebbe al centro di un grosso traffico di droga. Con lei sono stati arrestati anche la sorella Antonina e il nipote Michele Casarrubia. Nell’inchiesta c’è anche il nome di un agente della polizia penitenziaria di Palermo in servizio nel carcere Pagliarelli, che avrebbe aiutato il boss Francesco Nania a comunicare con l’esterno tramite il titolare di un’agenzia immobiliare. L’agente, a cui è stato contestato il reato di corruzione aggravata, ha favorito il boss rendendo possibili scambi di lettere dal carcere e ha rivelato agli indagati informazioni sull’organizzazione della struttura carceraria per ostacolare le attività di indagine e di intercettazione. In cambio avrebbe ricevuto cibo (ricotta, arance, carne di capretto), vestiti (felpe, tute), il lavaggio mensile dell’auto e l’acquisto di carburante a un prezzo inferiore a quello di mercato.

Giuseppa Vitale detta Giusy, nata a Partinico nel 1972, era considerata una delle prime esponenti della “mafia in gonna” e a lei erano stati dedicati articoli anche dalla Bbc. Durante un’udienza del processo sugli omicidi di mafia degli anni Novanta aveva spiegato di essersi pentita «per dare un futuro ai miei due bambini». «Mentre ero detenuta – aveva spiegato la collaboratrice di giustizia, sollecitata dalle domande del pm Francesco Del Bene e del presidente della IV Corte d’Assise di Palermo – mi portarono mio figlio, oggi dodicenne, in carcere. Aveva quasi sei anni e ricordo che mi chiese perché ero stata arrestata. In particolare mi disse: ‘Mamma che cosa è l’associazione mafiosa? Io non seppi cosa rispondere. Lo presi in braccio, lo misi a sedere e tentai di dire qualcosa. Gli dissi che la mafia è una brutta cosa, e che quando sarebbe stato più grande avrei cercato di spiegare».

L’operazione Gordio

All’epoca era stato annunciato anche un film sulla sua storia. Lei aveva raccontato di essere vissuta per circa trent’anni come nel Medioevo: «Per me la vita era quella con i miei fratelli, per me era impossibile persino fare un confronto con le mie coetanee, non sapevo assolutamente come si potesse vivere in un altro modo». Le era stato impedito anche di frequentare le scuole superiori perché era impegnata a fare da postina per i parenti detenuti. Nelle carte dell’inchiesta di oggi è documentato un incontro tra Michele Casarrubia, nipote di Vitale, con Consiglio Di Gugliemi, detto “Claudio Casamonica”, personaggio apicale dell’omonimo clan romano, poi deceduto per Covid.

All’incontro, interamente registrato, aveva partecipato tra gli altri proprio l’allora collaboratrice di giustizia. Oggi è accusata di essersi rifornita di un quantitativo di cocaina da fornitori calabresi di Milano e Bergamo per la successiva vendita. Le conversazioni registrate tra la donna e il nipote hanno messo in luce il supporto fornito dalla prima in relazione al traffico di stupefacenti. Secondo le indagini la cocaina, tramite il gruppo ‘Guida’, arrivava dal basso Lazio o dalla Campania, grazie ad accordi con la Camorra e in particolare con i fratelli Giovanni e Raffaele Visiello, esponenti del clan di Torre Annunziata. Le forniture di hashish invece arrivavano da Palermo.

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