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Cosa sappiamo del politologo tedesco accusato di essere una spia al servizio della Cina

06 Luglio 2021 - 16:57 Federico Bosco
L'uomo avrebbe passato informazioni ai servizi cinesi per quasi un decennio

La procura federale di Karlsruhe ha emesso un mandato di arresto per un politologo tedesco con l’accusa di spionaggio per la Cina. Il politologo è stato identificato come «Klaus L», il suo nome resta riservato ai sensi delle severe leggi tedesche sulla privacy, nei prossimi giorni si deciderà sulla custodia cautelare. Secondo l’emittente ARD il sospettato dal 2001 gestiva la Fondazione Hanns Seidel di Monaco di Baviera, un think-tank molto vicino al partito della CSU, gemello bavarese della CDU della Cancelliera Angela Merkel. La fondazione si presenta come «al servizio della democrazia, della pace e dello sviluppo, facciamo educazione politica e molto altro». Secondo le autorità, Klaus L sarebbe stato reclutato dall’intelligence cinese mentre teneva conferenze a Shanghai nel 2010, da quel periodo in poi avrebbe iniziato a dare informazioni a Pechino in cambio di denaro. Anche le sue spese di viaggio in Cina venivano coperte in maniera poco chiara, fino a novembre 2019 quando tutti gli appuntamenti e le conferenze sono saltate a causa della pandemia. 

ARD riferisce che il politologo potrebbe essere un doppiogiochista, dato che ha lavorato anche per il Bundesnachrichtendienst (BND), l’intelligence tedesca. I pubblici ministeri mettono sotto accusa i suoi numerosi contatti di alto livello nella politica tedesca, che gli avrebbero permesso di raccogliere informazioni d’interesse per l’intelligence cinese. L’esito delle indagini dipenderà da quali informazioni ha trasferito, se informazioni di valore «secondario» o dati e documenti sensibili che mettono effettivamente a rischia la sicurezza nazionale. Non è la prima volta che accade.

Il caso di Gerhard Sabathil

Il caso Klaus L ricorda le indagini del 15 gennaio 2020, quando le forze di polizia tedesche fecero perquisizioni in abitazioni e uffici di tre persone sospettate di spionaggio per conto della Cina. In quell’occasione due dei sospettati erano accusati di «condividere informazioni commerciali private con i cinesi», mentre il terzo aveva «espresso la volontà di farlo». Le indagini coinvolsero Berlino, il Baden-Württemberg, la Baviera (come in questo caso) e anche Bruxelles visto che era coinvolto un ex diplomatico tedesco presso l’Unione europea, Gerhard Sabathil. Sabathil aveva un passato da funzionario alla Commissione europea a Bruxelles, poi da ambasciatore dell’Ue in diversi paesi. Nel 2017 ha lasciato gli incarici pubblici per lavorare in una società di lobbying in Germania. Secondo l’accusa, nello stesso anno Sabathil ha iniziato a portare avanti attività di spionaggio reclutando due lobbisti, trasmettendo informazioni a una spia cinese chiamata «Johnny», che come copertura aveva un lavoro allo Shanghai Institute for European Studies (SIEC), l’ennesimo think-tank

Caccia alle streghe o nuova guerra fredda?

Quello di Sabathil doveva essere uno dei pochi casi a portare prove concrete dello spionaggio cinese contro la Germania e l’Ue, invece si è concluso con un gigantesco buco nell’acqua. L’indagine non è andata da nessuna parte, i pubblici ministeri hanno espresso dubbi sulla validità di alcune prove indicando «incongruenze significative» tra le trascrizioni delle telefonate intercettate e le registrazioni effettive, affermando addirittura che il materiale che avrebbe potuto scagionare Sabathil era stato omesso. Non tutti i sospetti sono stati dissipati, ma secondo i giudici gli elementi erano insufficienti per portare avanti il caso. Ufficialmente, l’indagine è stata chiusa perché non ha confermato «le presunte attività di spionaggio con la certezza necessaria per un atto d’accusa», ha detto un portavoce della Procura federale.

I dettagli però restano riservati, poiché l’indagine è stata classificata come «segreta». Una volta scagionato, Sabathil ha accusato le autorità tedesche di «stupidità e ignoranza», annunciando una richiesta di risarcimento allo Stato per avergli rovinato «la vita e la carriera». Inoltre, Sabathil sospetta di essere stato segnalato alle autorità tedesche dai servizi segreti statunitensi, perché da lobbista il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei era uno dei suoi clienti. La multinazionale di Shenzen è notoriamente nel mirino degli Stati Uniti, che fanno pressioni sugli alleati europei – in particolare sulla Germania – affinché la escludano dagli appalti per aggiornare le infrastrutture digitali e costruire reti 5G. 

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