Concorso per il Sud, la ministra Dadone a Open: «Il diavolo è nei dettagli del bando, non nella norma. I giovani chiedono solo stabilità e opportunità»
«Tocca constatare che chi ha voluto far credere che si potesse fare bene, velocemente e senza alcuna criticità, in termini di impatto generazionale, ha dovuto presto ricredersi». A parlare a Open, a proposito del flop del Concorso per il Sud, è la ministra per le politiche giovanili Fabiana Dadone che, nel precedente governo (che ha voluto fortemente questo concorso), è stata a capo del ministero per la Pubblica amministrazione. Dadone non le manda di certo a dire: «Il diavolo sta nei dettagli del bando, non certo nella norma. Prevedere in norma l’assunzione di figure che abbiano professionalità specifiche che possano essere valutate in fase avanzata è un conto, porle come sbarramento in accesso è limitante per chi è neo laureato e vede nella pubblica amministrazione non solo un posto fisso ma anche una prospettiva di esperienza utile per il proprio futuro».
Il Concorso per il Sud, che doveva reclutare 2.800 profili da inserire subito nella pubblica amministrazione del Mezzogiorno, si è rivelato un fallimento: scarsa partecipazione, cambio di regole in corso d’opera (con la riammissione di 70mila persone, in un primo momento escluse) e una polemica incessante sulla preselezione che prevedeva la valutazione di titoli ed esperienze e che, di fatto, ha scoraggiato diversi neolaureati (molti dei quali nemmeno hanno partecipato). Il risultato? Meno di un terzo dei posti coperti, senza considerare poi il rischio delle rinunce, di chi non accetterà l’incarico, come denunciato da Open.
Il Concorso per il Sud nasce con il precedente governo (e Brunetta lo ricorda spesso)
Nelle ultime ore il dipartimento della Funzione pubblica aveva parlato di un concorso «palesemente non rivolto ai giovani» (solo 821 gli assunti a fronte di 2.800 profili ricercati) che è «figlio di una norma della legge di bilancio per il 2021, voluta e finanziata dal governo Conte II e in particolare dall’allora ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano». E ancora: «L’attuale governo non ha fatto altro che bandire il concorso, ampliando la platea dei partecipanti non appena rilevata la scarsa partecipazione dei candidati inizialmente selezionati, e garantire la conclusione delle procedure in meno di 100 giorni, con una prova scritta digitale che ha assicurato rigore e trasparenza. Non è quindi stata cambiata una virgola, né nell’impostazione del concorso, né nella distribuzione dei vincitori». Insomma, la “colpa” sarebbe tutta del precedente governo. L’attuale dipartimento della Funzione pubblica – guidato da Renato Brunetta – si è solo limitato ad applicare quanto disposto dal governo Conte II. Ad avere scoraggiato i professionisti a partecipare al Concorso sia lo stipendio medio-basso, 1.400 euro al mese, sia l’offerta di un contratto a tempo determinato fino a un massimo di 36 mesi. Altro che posto fisso.
«Basta dire che la pubblica amministrazione è il lido di pigri, furbetti e incapaci»
Nonostante tutto – aggiunge la ministra a Open – «la pubblica amministrazione ha necessità di competenze nuove, specifiche e di alto livello ma con le rigidità imposte dal rispetto dovuto del principio del concorso pubblico e le figure professionali stabilite». I giovani adesso «chiedono stabilità, meritocrazia e possibilità in termini di prospettive occupazionali e crescita sul fronte professionale». «Trovare l’equilibrio tra le due esigenze non è facile soprattutto dopo anni di narrazione ingiusta sia sulla qualità della pubblica amministrazione (da sempre descritta come il lido dei prigri, furbetti, incapaci) che sui giovani (choosy, svogliati, pretenziosi)», conclude.
Foto in copertina: ANSA/FILIPPO ATTILI
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